“Loro sicuramente mi hanno parlato chiedendomi cosa fosse successo e perché avessi l’arma in mano. Io però non ricordo se li ho colpiti anche in camera loro”. Così inizia il racconto di Riccardo Chiaroni, autore della Strage di Paderno.
Riccardo, un ragazzo di 17 anni, racconta dal centro di detenzione dove è in attesa di giudizio. Le sue parole, cariche di dolore, orrore e confusione, riecheggiano tra le mura della prigione. In quella fatidica notte tra sabato e domenica, il giovane ha compiuto un gesto terribile, uccidendo il fratellino di 12 anni e i genitori con un totale di 68 coltellate.
Il racconto di Riccardo dipinge un quadro di crescente disagio emotivo. Un senso di estraneità e isolamento lo aveva accompagnato per anni, allontanandolo sempre di più dai coetanei e dalla sua stessa famiglia. La sua personalità complessa, introspettiva e sensibilissima lo faceva sentire come un estraneo nel mondo che lo circondava. Dopo aver commesso l’omicidio, ha confidato al nonno materno di averlo fatto perché voleva iniziare una nuova vita, lontano dai suoi genitori. Quando il nonno gli ha chiesto perché avesse ucciso anche il fratellino, Riccardo ha risposto semplicemente: “Non sarei riuscito ad abbandonarlo”.
Durante la confessione, il giovane ha ammesso di aver già pensato al gesto omicida la sera stessa di una festa, anche se non aveva pianificato nulla con precisione. Ha raccontato che quei pensieri angoscianti lo avevano tormentato per giorni, fino a quando non si erano trasformati in azione quella tragica notte: “Se ci avessi pensato di più, non l’avrei mai fatto, perché è una cosa assurda. Dopo averli uccisi, ho chiuso loro gli occhi per pietà”.
La giudice Laura Margherita Pietrasanta ha ordinato la custodia cautelare in carcere per il 17enne, ritenendolo un concreto pericolo di recidiva. Ha sottolineato la brutalità dell’azione, evidenziando la premeditazione e la reiterazione dei colpi inferti. Le diverse versioni fornite dal giovane, la gravità del crimine e l’incapacità di controllare i propri impulsi sono stati fattori determinanti per la decisione di tenerlo in custodia. Secondo l’avvocato difensore Amedeo Rizza, durante l’interrogatorio Riccardo ha confermato quanto già confessato poche ore dopo la strage, aggiungendo di non aver mai immaginato di poter compiere un gesto così estremo.
Un dettaglio che ha colpito profondamente gli inquirenti e chi ha avuto modo di parlargli è stata la sua insistenza nel voler sostenere l’esame di recupero per il debito scolastico in matematica, nonostante la tragedia appena consumata. A riferirlo è stato Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria, dopo aver parlato brevemente con il ragazzo.
Nei prossimi giorni, verranno eseguite le autopsie sui corpi delle vittime, e le indagini proseguono nel tentativo di chiarire appieno la dinamica e le motivazioni che hanno portato a questa terribile tragedia familiare.