Mangiare fuori casa, in Italia, è spesso sinonimo di piacere, convivialità e buon cibo. Tuttavia, a volte può riservare sorprese inattese che lasciano un retrogusto amaro. È quanto è accaduto a Elena Di Liddo, nuotatrice di fama internazionale, che ha voluto condividere sui social un episodio singolare avvenuto in una pizzeria. Il motivo? Un addebito extra di 1,50 euro per una richiesta apparentemente innocua: rimuovere i pomodorini dalla pizza ordinata.
Il fatto, avvenuto a Bisceglie, in provincia di Barletta-Andria-Trani, ha immediatamente acceso un dibattito online. Molti utenti si sono schierati dalla parte dell’atleta, considerandolo un esempio lampante di maggiorazioni poco trasparenti, mentre altri hanno difeso la libertà dei ristoratori di applicare tariffe aggiuntive per modifiche al menu.
Chi è Elena Di Liddo
Nata a Bisceglie il 8 settembre 1993, Elena Di Liddo è una delle più grandi interpreti italiane dello stile farfalla. Fin da giovanissima ha dimostrato un talento fuori dal comune, tanto da entrare nella nazionale junior già nel 2009. Un anno dopo ha conquistato la medaglia d’argento nei 50 metri farfalla agli Youth Olympic Games di Singapore, segnando l’inizio di una carriera ricca di soddisfazioni.
Atleta del Circolo Canottieri Aniene di Roma, Di Liddo è laureata in Scienze Motorie e può vantare un palmarès di tutto rispetto: medaglie agli Europei, ai Giochi del Mediterraneo, alle Universiadi, oltre a record italiani nei 100 metri farfalla. Nel 2021 ha partecipato alle Olimpiadi di Tokyo, confermandosi tra le migliori al mondo nella sua specialità.
La sua determinazione in vasca è pari alla schiettezza con cui affronta le questioni che le stanno a cuore, come dimostra la vicenda dello “scontrino-denuncia” che ha deciso di rendere pubblica.
Lo scontrino della discordia
Il fatto è accaduto in una pizzeria situata nel cuore del centro storico di Bisceglie. Dopo aver ordinato una pizza, la nuotatrice ha chiesto semplicemente di togliere i pomodorini. Al momento del conto, però, ha trovato una voce extra: 1,50 euro di sovrapprezzo per la modifica richiesta.
Colpita dall’assurdità della situazione, Di Liddo ha fotografato lo scontrino e lo ha pubblicato su Instagram, accompagnandolo con parole dure. Nel post ha ricordato come in alcune zone d’Italia sia normale pagare anche per un bicchiere d’acqua al bar, ma ha sottolineato che la maggiorazione per un ingrediente rimosso – quindi non consumato – è ingiustificabile. Ha definito l’episodio “triste e vergognoso”, ipotizzando che simili pratiche possano persino sfiorare l’illegalità.
Il suo sfogo ha scatenato centinaia di commenti. Alcuni utenti hanno raccontato esperienze simili, denunciando una tendenza crescente a introdurre costi extra per modifiche minime ai piatti. Altri, invece, hanno cercato di giustificare la scelta del locale, ipotizzando che le variazioni possano comportare disagi in cucina o sprechi di prodotto.
Un problema non isolato
La vicenda di Elena Di Liddo non è un caso isolato. Pochi giorni prima, a Bari, era circolato un altro scontrino che aveva fatto discutere: 50 centesimi aggiunti al conto per una spolverata di pepe su una pizza. Episodi di questo tipo, benché apparentemente marginali, stanno generando un’ondata di malcontento, soprattutto in Puglia, dove diversi consumatori segnalano aumenti anomali e poco chiari.
Le associazioni dei consumatori ricordano che ogni locale è libero di stabilire i propri prezzi, purché siano chiaramente esposti e comunicati al cliente prima dell’ordine. Tuttavia, pratiche come far pagare la rimozione di un ingrediente rischiano di minare il rapporto di fiducia tra ristoratori e clienti.
Il dibattito sui social e le possibili conseguenze
Il post della campionessa ha avuto un’eco immediata. Molti hanno apprezzato la sua trasparenza e il coraggio di denunciare pubblicamente una pratica che, pur piccola nelle cifre, rappresenta un principio importante: il diritto del consumatore a sapere esattamente cosa paga.
Il rischio per i ristoratori, in un’epoca in cui ogni dettaglio può diventare virale, è quello di danneggiare la propria reputazione. Un semplice scontrino condiviso online può trasformarsi in un caso mediatico capace di allontanare i clienti e attirare controlli.
Di Liddo, dal canto suo, ha ribadito che la sua non è una crociata contro i ristoratori, ma un invito a maggiore trasparenza e correttezza. Il suo messaggio è chiaro: i clienti sono disposti a pagare il giusto per un buon servizio, ma pretendono chiarezza e rispetto.
In un momento storico in cui il settore della ristorazione affronta sfide economiche rilevanti, la vicenda invita a riflettere su come il rapporto tra ristoratori e clienti possa essere basato sulla fiducia reciproca. Un piccolo gesto di onestà può avere più valore di qualsiasi strategia di marketing.