Netanyahu lancia l’operazione per conquistare Gaza City: evacuazione di un milione di civili e assedio a Hamas

Israele accelera la sua offensiva su Gaza City. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha annunciato ufficialmente l’avvio dell’operazione militare destinata a prendere il controllo della città, ritenuta un punto strategico fondamentale nella Striscia di Gaza. La decisione, maturata dopo intense consultazioni, è stata approvata sia dal governo sia dai vertici delle Forze di Difesa Israeliane (Idf) e prevede una serie di azioni coordinate per conquistare l’area, isolare le roccaforti di Hamas e consolidare la presenza israeliana sul territorio.

Il piano segna l’inizio di una nuova fase del conflitto, caratterizzata da un’escalation militare e da un aumento della tensione internazionale. La comunità globale osserva con attenzione, consapevole che l’operazione potrebbe avere ripercussioni di vasta portata non solo per la sicurezza regionale, ma anche per le già fragili prospettive di un processo negoziale.

La reazione di Hamas
Il movimento islamista Hamas ha reagito duramente al progetto di Israele, definendolo un tentativo di imporre un’occupazione diretta e di annullare ogni possibilità di intesa politica. In dichiarazioni riportate dal quotidiano Haaretz, i leader del movimento hanno avvertito che qualsiasi amministrazione istituita per governare Gaza al di fuori del loro controllo sarà considerata “una forza occupante legata a Israele”. Inoltre, Hamas ha accusato Netanyahu di voler mettere a rischio la vita degli ostaggi detenuti nella Striscia, descrivendo l’iniziativa come un “palese colpo di stato” contro ogni processo di negoziazione.

Queste affermazioni arrivano in un momento in cui diversi mediatori internazionali — in particolare Egitto, Qatar e Turchia — stanno esercitando forti pressioni su Hamas affinché torni al tavolo dei negoziati. Secondo alcune fonti vicine al team negoziale israeliano, esisterebbe infatti una “finestra di opportunità” per raggiungere un accordo sulla liberazione dei prigionieri, ma il nuovo piano militare rischia di comprometterla.

I dettagli del piano israeliano
Dopo dieci ore di confronto serrato, il gabinetto di sicurezza israeliano ha dato il via libera alla proposta di Netanyahu. Secondo quanto riferito da un alto funzionario a Channel 12, il piano prevede che le Idf assumano il pieno controllo di Gaza City, un’area che fino ad ora era stata in gran parte evitata nelle operazioni dirette dall’inizio della guerra. L’esercito si impegna a garantire assistenza umanitaria alla popolazione civile, ma solo al di fuori delle zone di combattimento.

Uno degli elementi centrali dell’operazione è l’evacuazione di circa un milione di abitanti verso campi profughi situati in aree centrali della Striscia o in altre zone ritenute più sicure. L’obiettivo dichiarato è completare il trasferimento e la presa di controllo entro il 7 ottobre 2025, una data dal forte valore simbolico: il secondo anniversario dell’attacco di Hamas contro il sud di Israele.

Una volta evacuata la città, le forze israeliane intendono imporre un assedio totale ai miliziani di Hamas rimasti all’interno, con l’obiettivo di disarmarli e neutralizzarli. Netanyahu e il ministro della Difesa Israel Katz sono stati autorizzati a dare l’approvazione definitiva al piano operativo elaborato dai vertici militari.

Gli obiettivi strategici dichiarati
In una nota ufficiale diffusa dall’Ufficio del primo ministro, il governo israeliano ha ribadito cinque punti considerati fondamentali per la conclusione del conflitto:

  1. Smantellamento dell’arsenale di Hamas.

  2. Ritorno di tutti gli ostaggi, vivi o deceduti.

  3. Smilitarizzazione completa della Striscia di Gaza.

  4. Mantenimento del controllo della sicurezza da parte di Israele.

  5. Creazione di un’amministrazione civile alternativa, sia a Hamas che all’Autorità Palestinese.

Questi obiettivi riflettono la volontà di Israele non solo di sconfiggere militarmente Hamas, ma anche di ridefinire l’assetto politico e di sicurezza dell’intera Striscia. Tuttavia, il percorso appare complesso, considerata la densità abitativa dell’area, la rete di tunnel utilizzata dai miliziani e la situazione umanitaria già estremamente critica.

Le riserve interne
Nonostante l’approvazione ufficiale, non mancano dubbi all’interno della leadership militare. Il capo di stato maggiore delle Idf, Eyal Zamir, ha espresso forti perplessità riguardo alla fattibilità del piano, in particolare per l’assenza di un progetto umanitario adeguato per ricollocare un milione di persone in tempi così rapidi. Zamir ha inoltre sottolineato la necessità di dare priorità al ritorno degli ostaggi, avvertendo che un’operazione di questa portata potrebbe mettere ulteriormente a rischio la loro incolumità.

Queste osservazioni rivelano una frattura interna tra la leadership politica, determinata a raggiungere risultati strategici e simbolici, e alcuni vertici militari, più cauti sul piano operativo e preoccupati per le conseguenze umanitarie e diplomatiche.

Uno scenario incerto
Mentre i preparativi per l’operazione proseguono, la situazione sul terreno rimane estremamente tesa. Gli scontri continuano in varie aree della Striscia e la prospettiva di un assalto su vasta scala a Gaza City alimenta timori di un ulteriore deterioramento della crisi umanitaria. La comunità internazionale, pur divisa nelle posizioni politiche, sembra concorde nel chiedere misure urgenti per proteggere i civili e favorire una soluzione negoziata.

In questo contesto, la data del 7 ottobre 2025 si profila come un punto di svolta, ma anche come una scadenza che potrebbe aprire scenari imprevedibili, sia sul fronte militare che diplomatico. L’operazione su Gaza City, per la sua portata e le sue implicazioni, si conferma uno degli sviluppi più significativi e controversi del conflitto in corso.

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