Jim Lovell, addio al leggendario comandante dell’Apollo 13: eroe dello spazio morto a 97 anni

Addio a Jim Lovell, il leggendario comandante dell’Apollo 13: si è spento a 97 anni

Il mondo dell’esplorazione spaziale piange la perdita di una delle sue figure più iconiche: Jim Lovell, storico astronauta della NASA e comandante della missione Apollo 13, è morto all’età di 97 anni. La notizia è stata confermata dalla stessa agenzia spaziale americana attraverso un messaggio pubblicato su X (l’ex Twitter), in cui si legge: «Siamo addolorati per la scomparsa di Jim Lovell, comandante dell’Apollo 13 e veterano di quattro voli spaziali. La sua vita e il suo lavoro hanno ispirato milioni di persone. Il suo coraggio sotto pressione ha contribuito a tracciare la nostra strada verso la Luna e oltre, un viaggio che continua ancora oggi».

Nato a Cleveland, Ohio, il 25 marzo 1928, James Arthur Lovell Jr. è stato uno dei protagonisti indiscussi della corsa allo spazio negli anni ’60 e ’70, un’epoca in cui il confine tra possibile e impossibile veniva ridisegnato missione dopo missione. Ufficiale della Marina degli Stati Uniti e pilota collaudatore, Lovell entrò nel programma spaziale americano durante il progetto Gemini, distinguendosi per le sue capacità tecniche e il sangue freddo nelle situazioni più critiche.

La sua carriera da astronauta comprende quattro missioni storiche: Gemini 7, Gemini 12, Apollo 8 e Apollo 13. Nel 1965, con Gemini 7, partecipò a una missione di 14 giorni in orbita, fondamentale per testare la resistenza fisica e psicologica degli astronauti in vista dei futuri viaggi lunari. Successivamente, con Gemini 12 nel 1966, collaborò con Buzz Aldrin in un volo decisivo per perfezionare le tecniche di attività extraveicolare (EVA).

Il suo nome, però, è indissolubilmente legato all’Apollo 8 e soprattutto all’Apollo 13. Nel dicembre 1968, Lovell fu uno dei tre uomini — insieme a Frank Borman e William Anders — a partecipare alla prima missione con equipaggio a orbitare attorno alla Luna. Le immagini della Terra riprese in quell’occasione, tra cui la celebre “Earthrise”, segnarono profondamente la coscienza collettiva, offrendo una nuova prospettiva sul nostro pianeta.

Due anni dopo, nell’aprile del 1970, Lovell si trovò al comando della missione Apollo 13, destinata a diventare una delle imprese più difficili e drammatiche nella storia dell’esplorazione spaziale. A causa dell’esplosione di un serbatoio di ossigeno nel modulo di servizio, la missione dovette rinunciare all’atterraggio sulla Luna. In quella situazione critica nacque la frase diventata famosa in tutto il mondo: «Houston, abbiamo un problema», pronunciata dal collega Jack Swigert e ripresa anche da Lovell.

Da quel momento, l’obiettivo primario non fu più l’esplorazione, ma la sopravvivenza dell’equipaggio. Grazie a una straordinaria collaborazione tra il team di bordo e il centro di controllo a Houston, e grazie alla lucidità di Lovell, i tre astronauti riuscirono a rientrare sani e salvi sulla Terra. L’episodio è stato reso celebre anche dal film “Apollo 13” del 1995, diretto da Ron Howard, in cui Tom Hanks interpretò proprio Lovell.

La famiglia dell’astronauta ha diffuso una nota carica di emozione: «Siamo rattristati nell’annunciare la scomparsa del nostro amato padre, il capitano della USN James ‘Jim’ Lovell, pilota e ufficiale della Marina, astronauta, leader ed esploratore spaziale. Siamo enormemente orgogliosi dei suoi straordinari successi nella vita e nella carriera, evidenziata dalla sua leggendaria leadership nel volo spaziale umano pionieristico. Ma, per tutti noi, era papà, nonno e guida della nostra famiglia. Ci mancheranno il suo incrollabile ottimismo, il suo senso dell’umorismo e il modo in cui sapeva farci sentire capaci di realizzare l’impossibile».

Oltre ai suoi meriti tecnici, Lovell era conosciuto per la sua capacità di mantenere la calma sotto pressione, una dote che gli valse l’ammirazione dei colleghi e la fiducia dei responsabili della NASA. Dopo il ritiro dal programma spaziale nel 1973, continuò a ispirare nuove generazioni con conferenze, interviste e partecipazioni a eventi dedicati all’innovazione e alla scienza.

Negli ultimi decenni, Lovell aveva vissuto lontano dai riflettori, ma il suo nome rimaneva scolpito nella storia dell’esplorazione spaziale. La sua eredità non è solo tecnica, ma anche umana: rappresenta il coraggio di affrontare l’ignoto, la capacità di trovare soluzioni creative nei momenti di crisi e la determinazione di andare sempre oltre i limiti conosciuti.

Con la sua scomparsa, si chiude un capitolo fondamentale dell’epopea spaziale americana, ma l’esempio di Jim Lovell continuerà a ispirare astronauti, ingegneri e sognatori di tutto il mondo. Come disse lui stesso ricordando l’Apollo 13: «Non è stato un fallimento, è stata una missione di successo nel riportare tutti a casa sani e salvi». Una frase che sintetizza non solo quell’avventura, ma l’intera filosofia di vita di un uomo che ha saputo trasformare le avversità in trionfi.

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