Mistero sulla morte di Simona Cinà: la famiglia cerca verità e giustizia dopo la tragedia in piscina

Una serata che doveva essere all’insegna della gioia si è trasformata in un incubo senza fine per la famiglia di Simona Cinà, una giovane di appena 21 anni, deceduta in circostanze misteriose durante una festa privata a Bagheria. Simona, promessa della pallavolo, è stata trovata morta nella piscina di una villa, e da quel momento il dolore dei suoi cari si è intrecciato con un bisogno impellente di verità e giustizia.

L’intera comunità è rimasta profondamente scossa da quanto accaduto. Mentre le autorità hanno aperto un’inchiesta per omicidio colposo a carico di ignoti, la famiglia di Simona solleva numerosi interrogativi, mettendo in dubbio la ricostruzione iniziale degli eventi. Le parole del fratello e della sorella gemella della vittima sono cariche di dolore e sospetto: “Simona non è morta per annegamento. Quando è stata trovata, era a faccia in su. Nessuno si è accorto della sua assenza per diversi minuti, pur essendo in una festa con molte persone”.

A rendere ancora più inquietante la situazione sono stati i dettagli riscontrati dai familiari al loro arrivo alla villa. La scena non mostrava i segni tipici di una festa tra giovani: nessun bicchiere abbandonato, nessuna traccia di alcol, nessuna musica. Tutto appariva stranamente in ordine, come se qualcuno avesse cercato di cancellare le tracce di quanto avvenuto. “Era tutto pulito, nessun indizio di festa. Solo le scarpe di Simona erano lì, il resto dei suoi vestiti era scomparso”, raccontano i parenti, che denunciano un silenzio inquietante da parte dei presenti.

Simona aveva un legame affettivo profondo con un braccialetto che non toglieva mai. Quel braccialetto è stato ritrovato nella sua borsa, intatto. Un dettaglio che, secondo la famiglia, suggerisce che la ragazza non si fosse sentita male, ma che qualcosa di più grave e oscuro possa essere accaduto. Alla festa, Simona conosceva solo cinque persone, tra cui il festeggiato, anch’egli pallavolista. Da qui nasce l’ipotesi, non ancora confermata, che possano essere state presenti sostanze stupefacenti. Tuttavia, la famiglia esclude categoricamente che Simona possa aver assunto droghe volontariamente, essendo una sportiva sottoposta a controlli periodici.

Presente alla conferenza stampa anche l’avvocato Gabriele Giambrone, legale della famiglia Cinà, il quale ha sollevato preoccupazioni legate alla gestione dell’intera vicenda. A colpire l’avvocato è stata soprattutto la mancata messa sotto sequestro della villa dove è avvenuta la tragedia. “La consolle è stata smontata poche ore dopo i fatti, perché la villa era stata già riaffittata per un’altra festa. E oggi quella stessa villa risulta essere in vendita. È inaccettabile che una scena del possibile crimine sia stata trattata con tanta superficialità”.

Inoltre, la famiglia non ha ancora ricevuto alcuni degli effetti personali di Simona, come la maglietta e la gonna indossate quella sera. Il legale teme che possano essere stati trattenuti dalle forze dell’ordine senza adeguata comunicazione ai genitori, aggravando il senso di smarrimento e frustrazione.

L’inchiesta, seguita dalla Procura di Termini Imerese, ha avviato l’autopsia sul corpo della giovane per stabilire le cause reali del decesso. Parallelamente, i carabinieri stanno ascoltando numerosi testimoni e analizzando le tracce ematiche rinvenute all’interno della villa. La posizione in cui è stato ritrovato il corpo, unita al ritardo con cui è stata notata la sua assenza, alimentano le ipotesi alternative all’incidente.

Il dolore dei genitori è straziante. Simona era una ragazza piena di vita, amata da tutti, sportiva e sempre sorridente. “Mia figlia era in salute, faceva sport, era felice. Com’è possibile che sia morta in piscina durante una festa? Chiediamo solo di sapere la verità. Aiutateci a capire cosa è successo”.

La famiglia non intende fermarsi finché non emergerà ogni dettaglio su quella notte. Vogliono sapere chi erano esattamente i presenti, cosa è realmente accaduto nei momenti precedenti alla tragedia e perché nessuno ha agito prontamente. L’obiettivo non è vendetta, ma chiarezza, dignità e giustizia per una vita spezzata troppo presto.

Il caso di Simona Cinà resta aperto, sospeso tra dolore e domande che chiedono risposte urgenti.

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