Palermo, hotel confiscato alla mafia finisce al nipote di Brusca: polemiche e indagini sulla gestione dei beni

A Palermo torna a far discutere il delicato tema della gestione dei beni confiscati alla mafia. La recente assegnazione dell’Hotel Garibaldi, situato a pochi passi dal teatro Politeama, ha sollevato polemiche e indignazione. L’albergo, sequestrato nel 2020 alle organizzazioni criminali e poi confiscato, è stato affidato alla società di Giorgio Cristiano, nipote di Giovanni Brusca, uno dei più sanguinari boss di Cosa Nostra e mandante della strage di Capaci.

La notizia ha fatto rapidamente il giro dei media e ha scatenato reazioni forti da parte dell’opinione pubblica e delle istituzioni. Tra le prime a intervenire c’è stata Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone, assassinato proprio da Brusca nel 1992.

La posizione della Commissione Antimafia
Il vicepresidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Mauro D’Attis, ha voluto esprimere con chiarezza la sua posizione. Pur dichiarando piena fiducia nelle autorità che hanno gestito il procedimento di assegnazione e ribadendo che ogni cittadino ha il diritto di non essere giudicato per il proprio cognome, D’Attis ha sottolineato come il caso di Giorgio Cristiano meriti un approfondimento accurato.

Secondo D’Attis, il fatto che un bene confiscato alla mafia – e non uno qualsiasi, ma l’Hotel Garibaldi di Palermo – finisca in gestione al nipote di uno dei più noti boss di Cosa Nostra rappresenta una circostanza che va chiarita con la massima trasparenza. L’esponente politico ha dichiarato che sarà sufficiente richiedere informazioni formali sul procedimento per valutare eventuali interventi, ricordando che situazioni di questo tipo non devono mai essere sottovalutate.

La reazione di Maria Falcone
Maria Falcone, in un’intervista a Fanpage.it, ha espresso il suo profondo dispiacere per la vicenda. Pur riconoscendo che l’assegnazione dell’hotel a Giorgio Cristiano non configura un’irregolarità, ha sottolineato come spesso le disposizioni iniziali relative ai beni confiscati vengano, a suo avviso, “maneggiate” in modo discutibile.

Falcone ha inoltre ribadito che, se tutto è avvenuto nel pieno rispetto della legge e delle procedure, non può sollevare obiezioni formali. Tuttavia, ha voluto richiamare l’attenzione su un tema più ampio: quello della gestione del patrimonio dei collaboratori di giustizia. Secondo quanto previsto dalla normativa vigente, i collaboratori devono dichiarare integralmente tutti i loro beni al momento della decisione di collaborare con le autorità.

“Quando un ex boss diventa collaboratore di giustizia – ha ricordato Falcone – riceve un sostegno economico mensile per mantenere sé stesso e la propria famiglia. Se poi ci sono beni che non vengono dichiarati o scoperti, la questione cambia completamente”.

Gli altri alberghi legati alla famiglia Brusca
L’inchiesta condotta da Fanpage.it ha fatto emergere altri dettagli preoccupanti. Oltre all’Hotel Garibaldi, altri due alberghi palermitani sembrerebbero avere legami con il patrimonio riconducibile a Giovanni Brusca: l’Hotel Borgo Vecchio e l’Astoria Palace Hotel.

Il primo, come l’Hotel Garibaldi, è gestito dalla società Cribea srl di Giorgio Cristiano, mentre il secondo risulta di proprietà della Shc srl, riconducibile a Salvatore Cristiano, cognato di Brusca. Entrambi questi immobili erano stati confiscati nel 2015, ma un anno più tardi furono restituiti ai legittimi proprietari poiché non furono accertati collegamenti diretti tra il gruppo mafioso Ponte e il costruttore Sbeglia.

Un dibattito che non si chiude
La vicenda dell’Hotel Garibaldi ha riportato al centro del dibattito pubblico il complesso sistema di gestione dei beni confiscati alla mafia, che dovrebbe rappresentare un baluardo dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata. La questione non riguarda solo la legalità formale delle procedure, ma anche la percezione che i cittadini hanno dell’efficacia delle misure antimafia.

Il timore espresso da più parti è che, pur rispettando le norme, casi come questo possano indebolire la fiducia della collettività nelle istituzioni e dare l’impressione che i sacrifici compiuti da uomini come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vengano in qualche modo sminuiti.

In questo contesto, le parole di Maria Falcone risuonano con particolare forza: “Dobbiamo vigilare costantemente affinché il patrimonio confiscato alla mafia venga gestito in maniera trasparente e realmente utile alla collettività”. La sua voce, simbolo della memoria delle vittime delle stragi mafiose, ricorda a tutti che la lotta alla criminalità organizzata non si esaurisce con le condanne, ma prosegue ogni giorno anche attraverso la gestione corretta dei beni sottratti ai clan.

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