Nel cuore del conflitto tra Russia e Ucraina, le parole del generale e vicesegretario della Lega, Roberto Vannacci, tornano a scuotere l’opinione pubblica italiana. Con toni decisi e privi di filtri, Vannacci ha preso una posizione netta, esprimendo apertamente la sua simpatia per Vladimir Putin e lanciando al tempo stesso frecciate velenose al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, definito sprezzantemente un “comico”. Le sue dichiarazioni, pronunciate durante una serata pubblica a Marina di Pietrasanta, hanno riacceso un acceso dibattito politico e mediatico, dividendo nuovamente l’opinione pubblica tra chi lo sostiene e chi lo accusa di ambiguità ideologica.
Provocazioni in stile Vannacci: tra fascismo, Churchill e battute sessiste
Sul palco dello spettacolo de La Zanzara, Vannacci ha affrontato senza remore temi delicati della storia italiana e internazionale, adottando uno stile provocatorio che ormai è diventato il suo marchio distintivo. A una domanda su chi preferisse tra Winston Churchill e Benito Mussolini, ha risposto scegliendo il primo, ma senza rinunciare a riconoscere al Duce “alcuni meriti”, come la bonifica dell’Agro Pontino, sottolineando poi come il fascismo sia un fenomeno finito da ottant’anni e che oggi nessuno sarebbe davvero fascista, nemmeno chi ancora fa il saluto romano.
Le sue parole non si sono fermate alla storia. Vannacci ha risposto anche a una domanda, volutamente provocatoria, su chi sceglierebbe per trascorrere l’ultima notte sulla Terra: tra Elly Schlein e Ursula von der Leyen ha optato per la segretaria del PD, con un commento ironico e sessista che ha fatto discutere: “La Schlein non l’ho mai incontrata, ma la sceglierei. So che le darebbe fastidio. La von der Leyen, vista da vicino, sembra quasi viva. Ho ancora dubbi su chi la manovri”.
Russia e Ucraina: il sostegno a Putin e l’attacco a Zelensky
Ma è stata la guerra in Ucraina il vero fulcro dell’intervento. Vannacci, oggi eurodeputato della Lega, ha chiarito la sua posizione sulla scena internazionale senza mezzi termini: “Tra Putin e Zelensky scelgo Putin. Uno fa politica da trent’anni, l’altro faceva il comico. Putin governa con il sostegno dei russi, attraverso elezioni”. Parole che hanno immediatamente scatenato polemiche, soprattutto per il tono con cui ha ridimensionato il ruolo istituzionale e politico di Zelensky, ignorando la complessità della situazione in Ucraina e i sacrifici del popolo ucraino.
Non è mancato un riferimento ad Aleksey Navalny, il principale oppositore di Putin, morto in circostanze controverse. Vannacci ha espresso scetticismo rispetto alle accuse rivolte al presidente russo, affermando che “prima di accusare qualcuno, servono le prove”. Un atteggiamento prudente per alcuni, ma che per altri rivela un’eccessiva indulgenza nei confronti del Cremlino.
Gergiev e la difesa della libertà artistica
Durante l’incontro, Vannacci ha anche difeso il diritto del direttore d’orchestra russo Valerij Gergiev di esibirsi in Italia e in Europa, nonostante le sue note simpatie per Putin. Secondo il generale, l’arte dovrebbe essere separata dalla politica, e il valore artistico va rispettato indipendentemente dalla nazionalità o dalle posizioni ideologiche dell’artista. “Se è bravo, Gergiev deve suonare anche al Parlamento europeo. E riguardo ai beni confiscati? La Costituzione italiana protegge la proprietà privata. Nessuno deve toccargli nulla”.
Queste dichiarazioni hanno riacceso il dibattito su come conciliare libertà artistica e responsabilità etica in tempi di guerra, con molti che considerano inaccettabile concedere spazio a figure compromesse con regimi autoritari.
Un personaggio che divide
Con il suo stile irriverente e fuori dagli schemi, Roberto Vannacci continua a rappresentare una figura divisiva nel panorama politico italiano. Da un lato, raccoglie consensi tra coloro che apprezzano il suo linguaggio diretto e la sua sfida al politicamente corretto; dall’altro, viene fortemente criticato per la superficialità delle sue analisi, i toni provocatori e la mancanza di sensibilità su temi delicati.
Le sue uscite pubbliche, spesso al limite tra cabaret e politica, alimentano il dibattito ma rischiano di banalizzare questioni complesse come i conflitti internazionali, i diritti civili e la memoria storica. In un’Italia sempre più polarizzata, Vannacci sembra voler incarnare il ruolo dell’outsider, dell’uomo fuori dal coro, capace di parlare al malcontento popolare. Ma la vera domanda è: quanto possono influenzare le sue parole il futuro della politica italiana ed europea?