Un nuovo e grave episodio di violenza ha scosso la già fragile situazione nella Striscia di Gaza. La chiesa cattolica della Sacra Famiglia, uno dei pochi luoghi di culto cristiani presenti nel territorio palestinese, è stata colpita durante un raid dell’esercito israeliano, suscitando una forte ondata di indignazione a livello internazionale. L’attacco ha causato la morte di due persone e il ferimento di almeno sei fedeli, alcuni dei quali in condizioni critiche. Il parroco, padre Gabriel Romanelli, ha riportato una ferita alla gamba, fortunatamente non grave.
L’evento ha immediatamente attirato l’attenzione delle autorità italiane. La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso in modo netto e fermo la sua condanna, definendo quanto accaduto «inaccettabile». In una dichiarazione ufficiale, Meloni ha sottolineato che gli attacchi contro la popolazione civile e i luoghi di culto non possono trovare alcuna giustificazione, nemmeno nel contesto di un conflitto armato come quello che da mesi infiamma l’area. «Israele – ha affermato la premier – deve rispettare le norme internazionali e umanitarie. Non è tollerabile che vengano colpite persone innocenti e simboli religiosi che rappresentano la speranza e la fede di intere comunità».
Anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha preso posizione in maniera decisa. Attraverso un messaggio pubblicato sul social X (ex Twitter), Tajani ha espresso tutta la sua solidarietà ai cristiani di Gaza e ha rivolto un pensiero particolare a padre Romanelli. «Gli attacchi contro la popolazione civile a Gaza – ha dichiarato il ministro – stanno superando ogni limite. Il colpire una chiesa cristiana è un atto gravissimo, un’offesa a ogni principio di umanità e rispetto interreligioso. È il momento di fermarsi e di lavorare con determinazione per la pace».
La Chiesa della Sacra Famiglia a Gaza non è solo un edificio religioso: rappresenta un punto di riferimento spirituale e sociale per una piccola ma resiliente comunità cristiana, che cerca di sopravvivere in mezzo a uno dei conflitti più complessi e prolungati degli ultimi decenni. Colpire questo luogo di culto significa colpire un simbolo di dialogo, di accoglienza e di speranza in una terra martoriata.
Secondo quanto riferito dall’agenzia ANSA, l’attacco è avvenuto durante un’operazione militare dell’esercito israeliano, il quale ha intensificato le proprie attività nel sud della Striscia di Gaza. L’obiettivo militare dichiarato era il corridoio di Filadelfia, una zona strategica al confine con l’Egitto, utilizzata per i rifornimenti. Tuttavia, la violenza dell’operazione ha avuto conseguenze pesantissime anche su strutture civili, tra cui la chiesa. Il quotidiano israeliano Haaretz ha parlato di una nuova proposta israeliana che prevede il ritiro delle truppe a circa un chilometro a nord del corridoio, come parte di un possibile accordo per un cessate il fuoco.
Nel frattempo, fonti di Hamas hanno confermato che sono in corso trattative per una tregua, anche se i progressi sembrano ancora lenti e difficili. In un contesto così delicato, il bombardamento della chiesa ha rischiato di compromettere ulteriormente i fragili equilibri negoziali e ha generato nuove tensioni sul piano diplomatico internazionale.
Le reazioni non si sono limitate all’Italia. Anche rappresentanti della Santa Sede e di organizzazioni umanitarie internazionali hanno espresso forte preoccupazione per l’accaduto, invitando tutte le parti coinvolte a rispettare i luoghi di culto e a evitare ogni escalation che possa ulteriormente aggravare la crisi umanitaria in corso. Le immagini dei danni riportati dall’edificio religioso, delle persone ferite e delle macerie, hanno fatto rapidamente il giro del mondo, scatenando indignazione e dolore.
Questo ennesimo episodio dimostra quanto sia urgente trovare una via diplomatica per porre fine al conflitto. La protezione dei civili, il rispetto dei diritti umani e la tutela dei simboli religiosi dovrebbero essere principi fondamentali, condivisi e rispettati da tutti. L’appello dell’Italia e della comunità internazionale è chiaro: è il momento di interrompere il ciclo di violenza e di avviare un dialogo costruttivo per restituire dignità e pace a una terra che da troppo tempo conosce solo guerra e distruzione.