Il ritrovamento del corpo senza vita di Mariia Buhaiova, una studentessa ucraina di appena 18 anni, ha sconvolto la comunità del Brindisino e ha aperto un doloroso interrogativo sulle circostanze che hanno portato alla sua tragica fine. La giovane, che si trovava in Italia per uno stage formativo all’interno di un progetto europeo, è stata ritrovata impiccata nelle vicinanze del villaggio turistico Meditur a Carovigno, in provincia di Brindisi.
Mariia era arrivata in Puglia da alcune settimane grazie a una collaborazione con l’Università di Bratislava, nell’ambito di un programma che prevedeva l’inserimento temporaneo di studenti stranieri all’interno di strutture turistiche italiane per vivere un’esperienza lavorativa e culturale. In particolare, la ragazza era impiegata presso la struttura ricettiva Meditur, situata lungo il suggestivo litorale tra Pennagrossa e Specchiolla, una zona molto frequentata durante la stagione estiva.
La sua scomparsa risaliva a venerdì scorso, giorno in cui i responsabili della struttura, preoccupati per la sua assenza e per il fatto che non fosse rientrata in camera, hanno presentato denuncia alle autorità locali. Da quel momento sono partite le ricerche, conclusesi purtroppo nel modo più drammatico: il corpo di Mariia è stato ritrovato impiccato nei pressi della struttura dove lavorava.
Gli investigatori hanno fin da subito avviato approfondite indagini per chiarire cosa possa essere accaduto. Nella stanza dove alloggiava la ragazza, sono stati ritrovati il passaporto e il telefono cellulare, lasciati con cura su un tavolo. Un elemento che ha colpito particolarmente gli inquirenti è la traccia di un bonifico bancario inviato da Mariia al fratello prima di far perdere le proprie tracce. Un gesto che potrebbe avere un significato particolare, forse un addio silenzioso.
Il tirocinio di Mariia si sarebbe dovuto concludere domenica 6 luglio, solo due giorni dopo la sua scomparsa. La ragazza era descritta da tutti come educata, riservata, sorridente e molto motivata. Non aveva mai dato segni di disagio o malessere, e sembrava perfettamente integrata nella struttura, interessata sia all’esperienza lavorativa che all’opportunità di conoscere meglio l’Italia e la sua cultura.
La notizia ha ovviamente scosso anche il personale e gli altri stagisti presenti nel villaggio. Un dolore muto ha attraversato la struttura, dove tutti si chiedono se ci sia stato qualcosa che non è stato notato, un segnale mancato, un momento in cui si sarebbe potuto intervenire.
Gli investigatori, coordinati dalla Procura di Brindisi, non escludono alcuna ipotesi: sebbene l’ipotesi più probabile al momento sembri essere quella di un gesto volontario, non si può ancora escludere che ci siano altri elementi in gioco. Si attende l’esito dell’autopsia, già disposta, che potrà fornire informazioni più precise sulle cause del decesso e sull’orario esatto della morte.
Nel frattempo, le autorità hanno già avviato i contatti con il consolato ucraino e con i familiari della ragazza, che stanno organizzando il rientro della salma in patria. Un dolore difficile da descrivere per una famiglia che aveva visto nella partecipazione al progetto Erasmus una preziosa opportunità di crescita per la propria figlia.
La tragedia di Mariia apre anche una riflessione più ampia sulla salute mentale dei giovani che affrontano esperienze all’estero: lontani da casa, in un ambiente nuovo, con pressioni legate al rendimento e all’adattamento culturale, possono sentirsi soli o sopraffatti, anche quando all’esterno nulla lascia trasparire il disagio. Una condizione che, se non adeguatamente supportata, può portare a conseguenze irreparabili.
In attesa di ulteriori sviluppi, resta il ricordo di una giovane vita spezzata troppo presto e un’intera comunità che si stringe nel dolore e nella ricerca di risposte. Il nome di Mariia Buhaiova resterà legato non solo a questa tragica vicenda, ma anche al bisogno urgente di ascoltare e proteggere i giovani, soprattutto quelli più fragili, che si affacciano al mondo con speranza e fiducia.