Israele e Iran, terza notte di raid: sale il numero delle vittime e cresce il timore di un conflitto regionale

Per la terza notte consecutiva, il Medio Oriente è stato teatro di un’escalation militare senza precedenti tra Israele e Iran. Raid incrociati, attacchi con droni, lanci di missili e bombardamenti aerei hanno colpito obiettivi militari ma anche civili in entrambi i Paesi, alimentando una spirale di violenza che rischia di oltrepassare i confini nazionali e diventare una crisi internazionale.

Una notte di fuoco tra Teheran e Tel Aviv

La notte si è aperta con un nuovo attacco da parte dell’Iran. Secondo fonti locali, missili e droni sono stati lanciati verso il territorio israeliano, colpendo edifici nelle città di Tel Aviv e Gerusalemme. L’offensiva ha provocato morti e feriti tra la popolazione civile, compresi bambini. Un attacco che ha lasciato ferite non solo fisiche, ma anche profonde cicatrici emotive.

Israele non è rimasto a guardare. L’IDF (Forze di Difesa Israeliane) ha risposto con un’ondata massiccia di bombardamenti mirati, focalizzandosi su obiettivi strategici a Teheran. Tra i bersagli colpiti figurano il quartier generale del ministero della Difesa iraniano e la sede del progetto nucleare Spnd. Questi luoghi, secondo l’intelligence israeliana, custodirebbero documenti cruciali relativi allo sviluppo di armi nucleari da parte del regime iraniano.

In un post pubblicato sul social X, l’esercito israeliano ha dichiarato: “L’IDF ha completato una vasta serie di attacchi contro obiettivi a Teheran legati al progetto nucleare del regime iraniano”. La dichiarazione è stata rafforzata da un’indiscrezione riportata dal Wall Street Journal, secondo cui nessun obiettivo, nemmeno la guida suprema Ali Khamenei, sarebbe stato escluso dalla lista dei potenziali attacchi.

Obiettivi sensibili sotto tiro

Gli attacchi israeliani, cominciati alle prime luci di venerdì, hanno preso di mira strutture militari, scienziati, basi missilistiche, raffinerie di petrolio e centri urbani strategici. Il tutto in un clima di alta tensione internazionale.

A complicare ulteriormente il quadro, i ribelli Houthi dello Yemen — sostenuti dall’Iran — hanno rivendicato il lancio di due missili balistici diretti verso obiettivi sensibili nella zona di Tel Aviv. Secondo gli Houthi, si tratterebbe di un’azione coordinata con l’Iran, presentata come “un trionfo per i popoli oppressi della Palestina e dell’Iran”. Tuttavia, l’IDF ha smentito la presenza di lanci missilistici provenienti dallo Yemen nelle ultime 24 ore.

Un bilancio tragico e in crescita

Il conto delle vittime continua a salire. Secondo fonti dei servizi di emergenza israeliani, almeno dieci persone sono rimaste uccise negli attacchi iraniani, tra cui anche alcuni bambini. I feriti sarebbero circa 200, molti dei quali in condizioni gravi.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato che, dal venerdì precedente, tredici persone hanno perso la vita a causa degli attacchi provenienti dall’Iran. In una dichiarazione ufficiale, ha aggiunto che si registrano “nove feriti gravi, 30 con lesioni moderate e 341 con ferite lievi”. Nella notte, in tutto il Paese, si sono susseguite le sirene di allarme, mentre i cittadini cercavano riparo nei rifugi antiaerei.

Drammatico anche quanto accaduto nella regione della Galilea occidentale: un missile ha colpito un edificio residenziale di tre piani, causando la morte di tre donne. Due di loro sono state trovate prive di vita sul posto, mentre la terza è deceduta poco dopo il trasporto in ospedale.

Scenari futuri e implicazioni geopolitiche

Secondo quanto riportato dalla CNN, l’offensiva israeliana potrebbe durare settimane, e non semplici giorni, con il tacito assenso degli Stati Uniti. Fonti vicine all’amministrazione americana hanno rivelato che, durante colloqui privati, Washington non avrebbe espresso alcuna obiezione alla durata dell’operazione militare. Al contrario, sembrerebbe che vi sia una piena consapevolezza e persino un appoggio implicito alla strategia israeliana.

Il rischio maggiore ora è che questo conflitto si allarghi ulteriormente, coinvolgendo altri attori regionali e internazionali. Il Medio Oriente, già profondamente instabile, si trova di fronte a un nuovo punto di rottura. La comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione, mentre l’Onu e altre organizzazioni umanitarie chiedono l’immediata cessazione delle ostilità.

Nel frattempo, le popolazioni civili, da entrambe le parti, vivono con la paura costante, tra esplosioni, fughe nei rifugi e la speranza che la diplomazia riesca a fermare un conflitto che minaccia la stabilità globale.

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