Feltri contro Elodie: “Bandiera palestinese e diritti civili? Un’assurdità morale”

Nel vivace e spesso controverso scenario culturale italiano, i simboli assumono un significato che va ben oltre la semplice apparenza. Tra questi, la bandiera palestinese è emersa negli ultimi mesi come una presenza costante su palchi di concerti, balconi delle case, manifestazioni pubbliche e persino eventi musicali di portata nazionale. Un esempio recente è quello della cantante Elodie, che durante un’esibizione a San Siro ha sventolato la bandiera palestinese davanti a migliaia di spettatori. Il gesto ha suscitato reazioni forti, tra cui quella del noto giornalista Vittorio Feltri.

Fondatore del quotidiano Libero e figura storica dell’editoria italiana, Feltri non ha risparmiato parole dure. In una rubrica di risposta ai lettori, ha definito l’atto di Elodie come “vergognoso”, accusandola di ignoranza ideologica e incoerenza con i valori che lei stessa sostiene pubblicamente. Secondo Feltri, esibire un simbolo come la bandiera palestinese, che egli associa a Hamas e a un contesto politico fondamentalista e oppressivo, è in contraddizione con l’impegno per i diritti civili che l’artista promuove.

Feltri si chiede con tono polemico: “Come si può rivendicare libertà per le donne e i diritti degli omosessuali, e allo stesso tempo alzare il simbolo di chi quelle libertà le calpesta ogni giorno?” Per il giornalista, l’atto non è solo superficiale, ma pericolosamente incoerente. Il problema, evidenzia, non sta nella solidarietà verso un popolo oppresso, ma nell’identificarsi con un simbolo che, nella sua lettura, rappresenterebbe una realtà politica ostile ai principi democratici e ai diritti umani.

Ma Feltri non si ferma a Elodie. Il suo discorso si amplia a una critica più generale verso il mondo dello spettacolo e i suoi protagonisti, accusati di aderire a cause senza comprenderne appieno il significato. Secondo lui, sventolare certe bandiere è diventato una moda, un gesto estetico che serve più a costruire un’immagine pubblica “impegnata” che a esprimere un vero pensiero politico. È quello che definisce “una scorciatoia identitaria”, un modo rapido e superficiale per schierarsi senza prendersi la responsabilità di conoscere a fondo la complessità storica e geopolitica dietro quei simboli.

Feltri denuncia quello che considera un conformismo dilagante tra artisti e personaggi pubblici. A suo dire, molti si limitano ad adottare simboli “popolari” – come la bandiera palestinese o quella arcobaleno LGBTQ – senza interrogarsi su eventuali contraddizioni tra i messaggi che essi rappresentano. L’esempio più eclatante, secondo lui, è proprio l’accostamento frequente di queste due bandiere. “Dietro certi simboli,” scrive Feltri, “non si nasconde solo un’idea di pace o solidarietà, ma anche – troppo spesso – la giustificazione di regimi e realtà che violano sistematicamente i diritti umani.”

Il punto centrale del suo intervento è un appello alla coerenza e alla responsabilità. Feltri chiede a chi ha visibilità mediatica di agire con maggiore consapevolezza, soprattutto quando si tratta di comunicare messaggi attraverso simboli così forti e controversi. Ogni bandiera, secondo lui, porta con sé una storia, un sistema di valori, un’identità collettiva. Usarla senza comprendere queste dimensioni equivale a banalizzarla e a compromettere la credibilità di chi la impugna.

Feltri chiude la sua riflessione sottolineando che la libertà di espressione è sacrosanta, ma va esercitata con coscienza. Non si può, a suo avviso, pretendere di essere paladini dei diritti civili e al contempo esibire simboli che, nella realtà, rappresentano l’esatto contrario. “I simboli non sono neutri,” ammonisce, “e chi li mostra in pubblico ha il dovere di sapere cosa sta comunicando.”

Il dibattito resta aperto, come sempre accade quando arte, politica e morale si intrecciano. Ma una cosa è certa: nel tempo dell’immagine e dei social, anche una semplice bandiera può scatenare un terremoto culturale.

Related Posts