Israele intercetta la nave Madleen: aiuti umanitari bloccati prima di arrivare a Gaza

Nella notte tra l’8 e il 9 giugno, l’esercito israeliano ha effettuato un’operazione che ha destato grande attenzione a livello internazionale: ha preso il controllo della nave Madleen, battente bandiera britannica, parte integrante della missione umanitaria organizzata dalla Freedom Flotilla. L’imbarcazione era diretta verso la Striscia di Gaza con l’obiettivo di consegnare aiuti e, al contempo, richiamare l’attenzione della comunità mondiale sulla drammatica situazione umanitaria in corso nella regione.

Poche ore prima dell’intercettazione, il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, aveva già annunciato pubblicamente di aver dato istruzioni alle Forze di Difesa Israeliane (IDF) per bloccare qualsiasi tentativo della nave di raggiungere Gaza. In una dichiarazione riportata dal Times of Israel, Katz si è rivolto direttamente ad alcuni attivisti presenti a bordo, con toni duri e provocatori: “Alla filopalestinese Greta e ai suoi amici dico chiaramente: non raggiungerete Gaza, tornate indietro”.

La Madleen, che trasportava dodici attivisti filo-palestinesi, è stata fermata in mare aperto intorno alle 3 del mattino, prima di avvicinarsi alle coste di Gaza. Tra i passeggeri vi erano nomi di rilievo internazionale, come la giovane attivista per il clima Greta Thunberg, l’attore irlandese Liam Cunningham — noto al grande pubblico per la sua partecipazione alla serie Game of Thrones — e l’europarlamentare francese Rima Hassan, impegnata da tempo nella causa palestinese.

Lo stesso Ministero degli Esteri israeliano ha confermato l’intervento tramite un post sulla piattaforma X (ex Twitter), rassicurando sul fatto che tutti i passeggeri fossero in buone condizioni di salute. Tuttavia, il tono del messaggio è apparso chiaramente ironico e sprezzante: l’imbarcazione è stata definita “lo yacht dei selfie”, lasciando intendere che si trattasse più di un’azione mediatica che umanitaria. Secondo le autorità israeliane, i passeggeri sono stati assistiti con cibo e acqua, ma è stato chiarito che “lo spettacolo è finito”. La nave, sempre secondo la versione ufficiale israeliana, è stata indirizzata in sicurezza verso le coste del Paese, dove i presenti saranno identificati e successivamente rimpatriati.

La reazione da parte degli attivisti e della Freedom Flotilla Coalition non si è fatta attendere. In un comunicato diffuso poco dopo l’evento, l’organizzazione ha parlato apertamente di un “atto illegittimo e violento” da parte di Israele, accusando Tel Aviv di agire con totale impunità. Secondo quanto dichiarato, l’abbordaggio sarebbe avvenuto in acque internazionali, rendendo così l’intervento una violazione del diritto marittimo. Inoltre, la coalizione ha denunciato il sequestro della nave, definendolo un “rapimento” dei civili a bordo, tutti disarmati e impegnati in una missione pacifica.

Particolarmente allarmante, secondo gli attivisti, è la confisca dei beni trasportati dalla Madleen, che includevano forniture mediche fondamentali per la popolazione di Gaza, già stremata da anni di conflitti, blocchi e carenze sanitarie. La nave avrebbe dovuto consegnare materiali essenziali a ospedali e centri di accoglienza della Striscia, ma ogni tentativo è stato vanificato.

Rima Hassan ha pubblicato un messaggio attraverso i suoi canali social, in cui ha confermato che l’intercettazione è avvenuta mentre la nave si trovava ancora in acque internazionali, sollevando interrogativi sulla legalità dell’azione militare. Ha sottolineato il carattere civile e umanitario della missione, ribadendo che né lei né gli altri passeggeri rappresentavano alcuna minaccia per la sicurezza di Israele.

La Freedom Flotilla, attiva dal 2010, ha organizzato numerose missioni con lo scopo di rompere simbolicamente il blocco navale imposto da Israele su Gaza e di portare aiuti materiali e visibilità internazionale alla causa palestinese. Tuttavia, tutte le spedizioni precedenti hanno incontrato ostacoli simili, culminati talvolta anche in episodi tragici, come l’intercettazione della nave Mavi Marmara nel 2010, che costò la vita a nove attivisti turchi.

Questo nuovo episodio alimenta il dibattito internazionale sul diritto di iniziativa civile e umanitaria nei territori sottoposti a blocchi militari. Mentre Israele difende la sua posizione in nome della sicurezza nazionale, molti osservatori internazionali si interrogano sull’effettiva proporzionalità e legittimità delle misure adottate, soprattutto quando colpiscono operazioni dichiaratamente pacifiche.

Nel frattempo, il popolo di Gaza resta privo degli aiuti tanto attesi, e il messaggio lanciato dalla Freedom Flotilla trova eco in tutto il mondo: la solidarietà internazionale non si arresta, nemmeno davanti ai blocchi.

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