Referendum 2025, affluenza in calo: il quorum è davvero a rischio? Analisi storica e scenari futuri

A poche ore dall’apertura dei seggi per il referendum del 2025, i dati sull’affluenza stanno generando un vivace dibattito sull’effettiva possibilità di raggiungere il quorum. Il confronto con il referendum del 2011, quando la soglia fu superata nonostante un avvio modesto, può offrire una chiave di lettura interessante per valutare l’andamento dell’attuale consultazione popolare e le sue possibili ripercussioni sul futuro politico del Paese.

Referendum 2025: quorum a rischio? Il confronto con il 2011 non è rassicurante

Il quorum è una delle condizioni imprescindibili affinché un referendum abrogativo sia valido in Italia. Secondo la legge, deve recarsi alle urne almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto: in assenza di questa soglia minima, i risultati non producono effetti giuridici, anche se una delle opzioni prevalesse nettamente.

I dati delle ore 12 del primo giorno di votazione del 2025 mostrano una partecipazione del 7,4%, nettamente inferiore rispetto all’11,6% registrato alla stessa ora nel referendum del 2011. All’epoca, l’affluenza finale superò il 57% grazie anche alla mobilitazione degli elettori su tematiche molto sentite come l’acqua pubblica e il nucleare. Anche in quel caso si votava su due giorni, con cinque quesiti sul tavolo.

Nel 2025, una novità significativa riguarda la possibilità di votare fuori dal proprio comune di residenza. Coloro che per motivi di lavoro, studio o cure mediche risiedono da almeno tre mesi in una diversa provincia possono votare nel luogo in cui si trovano, a patto di aver presentato domanda entro il 5 maggio. Anche per gli italiani temporaneamente all’estero sono previste modalità di voto agevolate: possono votare gli iscritti all’AIRE e i cittadini assenti per motivi documentati (studio, lavoro, salute), insieme ai familiari conviventi, purché abbiano fatto richiesta entro il 7 maggio.

Breve storia dei referendum abrogativi in Italia

La storia repubblicana italiana ha visto ben 67 referendum abrogativi. La prima consultazione referendaria avvenne però nel 1946, con il famoso referendum istituzionale che sancì la nascita della Repubblica Italiana e la fine della monarchia. L’affluenza fu dell’89,1%, un dato record mai più raggiunto.

Il primo vero referendum abrogativo si tenne nel 1974 e riguardava la legge sul divorzio. Nonostante l’opposizione del mondo cattolico, l’87,7% degli elettori si recò alle urne e il 59,3% votò No, mantenendo così la legge Fortuna-Baslini.

Nel 1981 fu il turno della legge sull’aborto. La consultazione mirava ad abrogarla, ma con una partecipazione del 79,4%, il No prevalse ancora una volta, confermando la legge 194 del 1978.

Il referendum sul nucleare del 1987 segnò un altro momento storico. A poco più di un anno dal disastro di Chernobyl, i cittadini italiani dissero Sì alla dismissione dell’energia nucleare nel Paese, con un’affluenza del 65,1% e percentuali di voto favorevoli comprese tra il 70% e l’80%.

La tendenza cominciò a cambiare negli anni ’90. Nel 1990, per la prima volta, tre referendum ambientalisti non raggiunsero il quorum, fermandosi al 43%. Nel 1991, invece, un referendum sulla riduzione delle preferenze espresse per la Camera raggiunse il 62,5% di affluenza e il 95,57% dei voti favorevoli, nonostante la contrarietà di molti partiti.

Nel 1993, sull’onda dello scandalo di Mani Pulite, otto quesiti furono sottoposti al voto. L’affluenza toccò il 77% e i cittadini approvarono tutte le proposte, provocando profonde modifiche nel sistema politico ed elettorale, tra cui la soppressione del finanziamento pubblico ai partiti.

Tuttavia, dal 1997 in poi, solo una tornata referendaria ha raggiunto il quorum: quella del 2011. In quell’occasione, i quattro quesiti su acqua, energia nucleare e legittimo impedimento ottennero un’affluenza del 54,8% e consensi oltre il 95%.

Nel giugno 2022, invece, si registrò un nuovo insuccesso. I cinque quesiti sulla giustizia – dalla separazione delle carriere alla valutazione dei magistrati – furono bocciati dall’astensione, con un’affluenza ferma al 20%.

Il futuro incerto del referendum 2025

Alla luce di questi dati storici e delle dinamiche in corso, il referendum 2025 sembra affrontare una sfida particolarmente ardua. La partecipazione è fondamentale non solo per la validità formale della consultazione, ma anche per attribuirle un significato politico concreto. Se l’affluenza dovesse restare bassa, il messaggio più forte non sarebbe né un Sì né un No, ma un silenzio assordante da parte degli elettori.

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