Due piccoli orecchini, intrisi di sangue, sono stati rinvenuti accanto al corpo senza vita di Chiara Poggi, la mattina dell’omicidio. Un dettaglio agghiacciante, che però, inspiegabilmente, è rimasto ignorato per anni. Quei due gioielli, forse testimoni silenziosi di un’aggressione violenta, non sono mai stati analizzati per cercare tracce del DNA dell’aggressore. Nessuno ha mai verificato se, insieme al sangue della giovane vittima, potesse esserci anche quello del suo assassino.
La clamorosa rivelazione è arrivata dalla trasmissione Chi l’ha visto?, andata in onda il 28 maggio, che ha riportato l’attenzione sull’intricata vicenda del delitto di Garlasco. A parlare è stata la genetista Marina Baldi, che davanti alle telecamere ha dichiarato senza esitazioni: «Potrebbe esserci il DNA di chi l’ha afferrata. Vanno analizzati, senza dubbio». Parole che pesano come pietre. La conduttrice, Federica Sciarelli, ha risposto sollevando un dubbio ancora più inquietante: «Ammesso che esistano ancora».
Ma gli orecchini non sono gli unici reperti dimenticati. Tra gli oggetti trovati sulla scena del crimine c’erano anche un cucchiaino con tracce biologiche, alcuni braccialetti, un orologio. Tutti sporchi. Tutti potenzialmente portatori di indizi fondamentali. Tutti ignorati. Il cucchiaino, ad esempio, avrebbe potuto rivelare con chi Chiara aveva condiviso la colazione, poche ore prima di essere brutalmente uccisa. Oggetti che oggi potrebbero contenere ancora preziose informazioni genetiche, in grado di riaprire uno dei casi più controversi della cronaca italiana.
Il caso Poggi ha sempre presentato zone d’ombra e domande senza risposta. Il ritrovamento di un profilo genetico sconosciuto, denominato “Ignoto 2”, sotto le unghie della vittima, è uno di questi interrogativi. Un altro profilo, riconducibile ad Andrea Sempio – giovane all’epoca amico di Chiara – è stato oggetto di nuove indagini, ma non ha mai portato a svolte decisive. E se la verità fosse rimasta impressa su quegli oggetti trascurati per troppo tempo?
L’inchiesta della trasmissione ha riportato alla luce anche un dettaglio passato inosservato nelle prime fasi delle indagini: Chiara Poggi stava conducendo ricerche sulla pedofilia. Aveva raccolto documenti e informazioni in una chiavetta USB, contenenti riferimenti a casi avvenuti proprio a Garlasco. Una coincidenza inquietante o un’indicazione precisa? Secondo alcune testimonianze, Chiara stava per denunciare un giro di abusi legato al Santuario della Bozzola. Un latitante, in particolare, ha affermato che la giovane aveva intenzione di andare fino in fondo.
Queste nuove piste gettano una luce del tutto diversa sul possibile movente dell’omicidio. Se davvero Chiara aveva scoperto qualcosa di troppo grande o pericoloso, potrebbe essere stata eliminata per impedirle di parlare. Non più un delitto passionale o un impeto di rabbia improvviso, ma un omicidio premeditato, legato a un contesto oscuro e inquietante.
Il fatto che prove tanto rilevanti siano state ignorate per anni solleva interrogativi profondi sul modo in cui sono state condotte le indagini. Perché nessuno ha pensato di analizzare gli orecchini? Perché il cucchiaino, l’orologio, i braccialetti non sono mai stati sottoposti a esame? Se anche oggi, a distanza di tempo, quei reperti fossero ancora disponibili, sarebbe doveroso riaprirli e sottoporli alle moderne tecnologie forensi, che permettono di rilevare tracce di DNA anche minime.
Il delitto di Chiara Poggi continua a essere un enigma doloroso per la famiglia, per la comunità e per l’Italia intera. A quasi vent’anni dai fatti, la verità resta sepolta sotto strati di silenzi, omissioni e indagini parziali. Ma forse, proprio da questi oggetti dimenticati potrebbe emergere quella traccia decisiva in grado di riscrivere la storia. Un frammento di DNA, una conferma genetica, una prova incontestabile che possa finalmente fare luce su chi ha strappato Chiara alla vita in una tranquilla mattina d’estate.
Oggi più che mai, è necessario tornare a guardare quei reperti con occhi nuovi. Per Chiara. Per la giustizia. Per la verità.