La vicenda della morte di Liliana Resinovich torna prepotentemente al centro dell’attenzione nazionale, dopo che la Procura di Trieste ha mosso un’accusa formale di omicidio nei confronti del marito Sebastiano Visintin. Si tratta di un passaggio decisivo in un’indagine complessa, seguita con apprensione e interesse da parte dell’opinione pubblica sin dal primo giorno. Il caso, infatti, ha sempre avuto contorni oscuri, tra ipotesi contrastanti, interrogativi irrisolti e una rete intricata di relazioni personali che ha reso difficile giungere a una verità univoca.
Liliana Resinovich era scomparsa nel dicembre del 2021 dalla sua abitazione a Trieste. Dopo settimane di ricerche angosciose, il suo corpo privo di vita venne ritrovato in una zona boschiva nei pressi dell’ex ospedale psichiatrico della città. Fin da subito, gli inquirenti avevano manifestato dubbi sulla possibilità che si trattasse di un suicidio. Le modalità del ritrovamento, la posizione del corpo e l’assenza di segni evidenti di auto-lesioni avevano sollevato interrogativi che, col passare del tempo, si sono fatti sempre più insistenti.
Ora, con l’iscrizione ufficiale di Sebastiano Visintin nel registro degli indagati, la Procura compie un salto di qualità nelle indagini. Secondo quanto anticipato dal quotidiano Il Piccolo, che ha avuto accesso in anteprima alla ricostruzione del pubblico ministero, Visintin sarebbe responsabile dell’aggressione e del soffocamento della moglie, avvenuti proprio nel parco adiacente all’ex struttura ospedaliera. Una tesi investigativa che ribalta l’ipotesi iniziale del gesto volontario e apre scenari inquietanti sul contesto familiare e relazionale della vittima.
A rafforzare l’azione investigativa, è stata depositata anche una richiesta di incidente probatorio nei confronti di Claudio Sterpin, altro nome già emerso nelle fasi iniziali dell’indagine. La sua figura, legata da un rapporto stretto e controverso con la vittima, potrebbe rivelarsi determinante per ricostruire gli eventi precedenti alla morte di Liliana. L’incidente probatorio è uno strumento giuridico che consente di acquisire prove in una fase preliminare del processo, e in questo caso potrebbe servire a chiarire elementi finora sfuggiti all’analisi investigativa.
Secondo le fonti giudiziarie, gli inquirenti stanno valutando tutte le dinamiche relazionali attorno alla figura di Liliana, comprese le tensioni e i possibili conflitti all’interno della coppia. Non si esclude, infatti, che motivazioni di natura personale o emotiva possano aver portato a un tragico epilogo. Resta da capire anche il ruolo – seppur marginale – di eventuali terze persone, la cui presenza potrebbe aver influito sul comportamento dei protagonisti di questa triste vicenda.
Intanto, l’opinione pubblica si divide. Da una parte, chi sostiene l’innocenza di Visintin e invita alla prudenza fino alla conclusione del processo; dall’altra, chi vede nella nuova accusa un passo necessario per rendere giustizia a Liliana. Quel che è certo, è che la città di Trieste continua a seguire con trepidazione gli sviluppi del caso, che ha scosso profondamente la comunità locale.
Le prossime settimane saranno cruciali. La Procura dovrà raccogliere ulteriori riscontri, incrociare testimonianze, e vagliare ogni dettaglio emerso finora. L’obiettivo è giungere a una verità giudiziaria solida, che possa rispondere ai tanti interrogativi rimasti in sospeso. La morte di Liliana Resinovich non può e non deve restare impunita, e la magistratura è chiamata a compiere un lavoro delicato, nel rispetto dei diritti di tutte le persone coinvolte.
Nel frattempo, l’Italia intera guarda a Trieste con attenzione e rispetto, in attesa che giustizia venga fatta.