Famiglie arcobaleno: la Corte Costituzionale riconosce i figli di due mamme – Una svolta storica per i diritti civili in Italia

La Corte Costituzionale ha emesso una sentenza destinata a segnare un punto di svolta nella tutela dei diritti delle famiglie arcobaleno, riconoscendo l’incostituzionalità del divieto di registrare i figli di due madri. Con questa decisione, si apre un nuovo capitolo nel cammino verso l’inclusione e la parità, soprattutto per quelle coppie di donne che hanno avuto accesso alla procreazione assistita all’estero, pratica tuttora vietata alle coppie lesbiche in Italia.

Questo pronunciamento rappresenta un importante progresso nel riconoscimento della doppia genitorialità, ovvero il diritto per entrambe le madri — quella biologica e quella intenzionale — di essere registrate come genitrici legittime del minore. Una conquista significativa, che si inserisce nel dibattito più ampio sulla diversità dei modelli familiari e sul rispetto dei diritti dei bambini a crescere in un contesto di affetto e protezione, indipendentemente dalla composizione della famiglia.

Tuttavia, la Corte ha mantenuto delle limitazioni in altri ambiti. Nello stesso pronunciamento, infatti, è stata confermata la legittimità dell’articolo 5 della legge 40 del 2004, che vieta l’accesso alla procreazione medicalmente assistita alle donne single. Sebbene questo divieto limiti in parte il diritto all’autodeterminazione delle donne, la Consulta ha ritenuto che esso non sia irragionevole né sproporzionato alla luce dell’attuale quadro normativo.

La questione della doppia genitorialità è stata sollevata dal Tribunale di Lucca, che ha messo in discussione la costituzionalità degli articoli 8 e 9 della legge 40/2004 e dell’articolo 250 del codice civile. Nello specifico, si chiedeva se fosse lecito impedire il riconoscimento della madre intenzionale in caso di bambini nati da procreazione assistita all’estero. Il tribunale aveva evidenziato la mancanza di una normativa uniforme e il trattamento diseguale applicato da molti comuni italiani, con esiti diversi nella registrazione dei minori.

Nel procedimento, il Ministero dell’Interno sosteneva che l’atto di nascita non fosse sufficiente a creare uno status giuridico, mentre il Comune di Lucca aveva difeso la scelta di registrare il bambino con il doppio cognome come forma di tutela del suo interesse superiore. La Procura di Lucca, invece, aveva promosso un ricorso per la rettifica dell’atto di nascita e la trasmissione della questione alla Corte Costituzionale, ritenendo fondate le perplessità in merito alla disparità di trattamento verso le famiglie omogenitoriali.

Il caso di Lucca non è stato isolato: anche a Padova, Milano e in altre città, i registri anagrafici hanno già iniziato a riflettere una maggiore apertura verso queste realtà familiari. Tuttavia, la mancanza di una legge chiara ha generato confusione e spesso portato a battaglie legali lunghe e dolorose per ottenere ciò che dovrebbe essere un diritto fondamentale.

Tra le voci più forti a favore di questo cambiamento c’è stata quella del sindaco di Padova, Sergio Giordani, che ha accolto la sentenza con grande emozione. “Sono commosso. Avevo deciso come sindaco e nonno di combattere questa battaglia di civiltà fino in fondo, a fianco delle mamme e dei bambini. Oggi vincono i diritti fondamentali di tutti. Un passo avanti per l’Italia che abbiamo costruito anche da Padova con tante associazioni e cittadini che non hanno mai mollato. Ho sempre detto che avrei applicato la Costituzione e questa pronuncia mi ripaga di tanto fango ricevuto. Una posizione, quella di chi mi accusava di essere fuori legge, che da oggi è anche incostituzionale,” ha dichiarato, come riportato da Il Mattino di Padova.

In sostanza, la Corte ha stabilito che, nel caso di procreazione medicalmente assistita effettuata all’estero da due donne, entrambe hanno diritto a essere riconosciute come madri del bambino. Non solo la madre biologica, quindi, ma anche quella che ha scelto di condividere il percorso e la responsabilità genitoriale.

La dichiarazione di incostituzionalità dell’articolo 8 della legge 40 del 2004 è un segnale forte che sancisce un progresso reale nel campo dei diritti civili. Si tratta di un passo concreto verso una società più giusta, in cui ogni famiglia, a prescindere dalla propria struttura, venga riconosciuta e tutelata. Ora, la speranza è che il legislatore raccolga questo messaggio e si impegni a colmare definitivamente le lacune normative che ancora oggi penalizzano tante famiglie.

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