Il caso Garlasco: una nuova impronta riaccende i riflettori sull’omicidio di Chiara Poggi
Il caso Garlasco, uno dei misteri giudiziari più discussi in Italia negli ultimi decenni, è tornato nuovamente sotto i riflettori. Una recente svolta, frutto di nuovi accertamenti scientifici, potrebbe infatti cambiare il corso delle indagini sulla morte di Chiara Poggi, avvenuta nell’agosto 2007. Un’impronta rinvenuta nei pressi del luogo del delitto è ora al centro dell’attenzione degli inquirenti: un dettaglio che potrebbe rivelarsi decisivo per comprendere finalmente chi sia il vero responsabile.
Secondo quanto emerso, la procura di Pavia ha individuato l’identità della persona a cui appartiene quell’impronta: si tratterebbe di Andrea Sempio, l’unico attualmente indagato. Questa scoperta è stata rivelata in esclusiva dal Tg1, che ha riportato che l’impronta sarebbe stata trovata su una parete della scala che porta al seminterrato dell’abitazione della vittima. Proprio in quell’area, il 13 agosto 2007, fu ritrovato il corpo senza vita della giovane Chiara.
Andrea Sempio, già finito sotto i riflettori negli anni passati, era stato coinvolto nelle indagini anche per via del profilo genetico trovato sotto le unghie della vittima. Ora si trova a dover dare spiegazioni anche per la presenza della sua impronta in un punto cruciale della scena del crimine. Tuttavia, nel giorno in cui era previsto il suo interrogatorio presso la procura di Pavia, Sempio ha deciso di non presentarsi.
A chiarire i motivi di questa assenza è stato il suo legale, l’avvocato Massimo Lovati. In un’intervista rilasciata all’agenzia Adnkronos, Lovati ha spiegato che l’atto di convocazione era da considerarsi nullo in quanto non conteneva le indicazioni previste dalla lettera D dell’articolo 375 del codice di procedura penale. L’avvocato ha inoltre rassicurato sulle condizioni psicofisiche del suo assistito, affermando che Sempio è sereno e segue con scrupolo le indicazioni del proprio team legale.
Secondo quanto riportato, i pubblici ministeri, coordinati da Fabio Napoleone, contavano su quell’interrogatorio per confrontare direttamente Sempio con l’elemento dell’impronta. L’assenza dell’indagato ha però reso impossibile questo passaggio. La scoperta della traccia è frutto di un aggiornato esame dattiloscopico, grazie al quale è stato possibile identificare con maggiore precisione l’origine del contatto.
Va ricordato che, già nel 2020, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Milano avevano redatto un’annotazione in cui si evidenziava la rilevanza di quell’impronta. Si trattava del cosiddetto “contatto papillare numero 33”, ovvero un’impronta palmare trovata sulla parete della scala. Inizialmente giudicata non utile ai fini delle indagini dattiloscopiche, quella stessa traccia è ora tornata al centro dell’attenzione con una nuova luce.
Nel documento del 2020 si leggeva che attribuire quell’impronta all’autore del delitto era una conclusione logica e fondata. Tuttavia, in quegli anni, l’analisi venne archiviata, segnando per Sempio la seconda archiviazione. Un ulteriore dettaglio inquietante emerso da quel fascicolo riguarda la mancata analisi biologica dell’impronta: non fu mai verificato se la mano che la lasciò fosse sporca di sangue, elemento che avrebbe potuto rappresentare una prova schiacciante.
Oggi, a distanza di quasi due decenni dalla morte di Chiara Poggi, il caso Garlasco sembra riaprirsi con nuove prospettive. La presenza dell’impronta — e la sua attribuzione ad Andrea Sempio — potrebbe imprimere una nuova direzione alle indagini. La procura è decisa a fare chiarezza e potrebbe avviare ulteriori approfondimenti tecnici per rafforzare le prove.
Nel frattempo, l’opinione pubblica resta divisa. Da un lato, chi crede che ogni sviluppo debba essere accolto con cautela, per evitare conclusioni affrettate. Dall’altro, c’è chi ritiene che si sia finalmente imboccata la strada giusta per rendere giustizia a Chiara Poggi. La verità, come spesso accade nei casi complessi, potrebbe essere più sfumata di quanto si creda.
Quel che è certo è che ogni nuova evidenza riaccende le speranze di una conclusione definitiva. E, soprattutto, restituisce dignità alla memoria di una giovane la cui morte, a distanza di anni, chiede ancora risposte.