Alessandro Gassmann contro il Remigration Summit a Gallarate: “Via il nome di mio padre dal teatro”
Si è acceso un acceso dibattito a Gallarate dopo che, lo scorso sabato 17 maggio 2025, presso il Teatro Condominio Vittorio Gassman, si è svolto il Remigration Summit, un evento organizzato dai movimenti dell’ultradestra europea con l’obiettivo di contrastare quella che definiscono “immigrazione di massa” e “sostituzione etnica” in Europa. Il raduno, caratterizzato da toni fortemente xenofobi e nazionalisti, ha attirato subito l’attenzione di esponenti del mondo culturale e politico, tra cui l’attore e regista Alessandro Gassmann, figlio del grande Vittorio, al quale è dedicato proprio il teatro che ha ospitato l’incontro.
Due giorni dopo l’evento, Alessandro Gassmann ha affidato il suo sfogo a un post su Instagram che ha rapidamente fatto il giro dei media. Il messaggio era indirizzato direttamente al sindaco di Gallarate, Andrea Cassani, esponente della Lega, con una richiesta netta e inequivocabile: “Caro sindaco, leggo che al teatro intitolato a mio padre nella vostra cittadina, è avvenuta la riunione internazionale dei partiti di estrema destra europei (neo fascisti e nazisti). Se nelle sue intenzioni c’è quella di continuare a ospitare in un luogo di cultura, manifestazioni con slogan razzisti e illiberali, le chiedo di togliere il nome di mio padre dal suddetto teatro. Mio padre ebbe parenti deportati e uccisi dai nazifascisti. Grazie”.
Un messaggio forte, carico di emozione e di responsabilità storica. Gassmann ha voluto così prendere le distanze in maniera chiara da qualsiasi associazione tra il nome del padre e manifestazioni politiche che, a suo dire, negano i valori fondanti della democrazia e della convivenza civile. L’attore ha anche voluto ricordare le tragiche vicende personali vissute dalla sua famiglia durante il periodo nazifascista, sottolineando come la memoria storica debba essere un faro per la cultura, e non un elemento da piegare a esigenze ideologiche.
La risposta del sindaco Cassani non si è fatta attendere. In una nota ufficiale, il primo cittadino ha replicato affermando che Vittorio Gassman, figura poliedrica della cultura italiana, “non ebbe mai paura di esternare la propria appartenenza politica” e che, come le persone di valore che hanno contribuito alla storia del Paese, “probabilmente non avrebbe combattuto le idee altrui con la censura aprioristica, ma con la forza di idee più convincenti”. Una posizione che difende la libertà di espressione e la pluralità di idee, ma che è apparsa a molti come una giustificazione inadeguata davanti alla natura estrema dell’evento ospitato.
Il caso ha suscitato forti reazioni anche nel mondo dello spettacolo e della cultura. Diversi colleghi di Gassmann, artisti, intellettuali e cittadini hanno espresso solidarietà alla sua presa di posizione, sottolineando come i luoghi della cultura dovrebbero essere preservati da contenuti che promuovono odio, discriminazione e nostalgia per ideologie che hanno provocato tragedie in Europa. Non sono mancate nemmeno le voci di chi, pur non condividendo i toni o l’evento stesso, ha difeso il principio del confronto democratico come fondamento della società civile.
In questo contesto, la questione centrale sembra andare oltre il semplice utilizzo del nome di Vittorio Gassman. Si tratta piuttosto di una riflessione profonda su quale debba essere il ruolo degli spazi culturali nel nostro presente: luoghi neutri aperti a ogni idea o baluardi di valori condivisi che escludono chi inneggia all’odio e alla divisione?
Intitolare un teatro a una figura simbolica come Gassman significa, implicitamente, riconoscere e trasmettere il suo lascito umano e artistico. Quando però quello stesso luogo ospita eventi con posizioni ideologiche incompatibili con quei valori, il rischio è quello di creare una frattura insanabile tra memoria e attualità , tra nome e contenuto.
La vicenda è tutt’altro che conclusa. Da una parte, c’è la determinazione di Alessandro Gassmann a difendere l’onore e i principi del padre, dall’altra una classe politica che rivendica libertà di ospitare anche eventi controversi. Nel mezzo, una comunità chiamata a riflettere sul valore della cultura, della memoria e della responsabilità civile.
Ciò che è certo è che, ancora una volta, il nome di Vittorio Gassman – uno dei più grandi attori del teatro e del cinema italiano – diventa simbolo di un’Italia che non vuole dimenticare, che sente il dovere di prendere posizione, anche a costo di sollevare polveroni.