Ha avuto inizio questa mattina, sabato 17 maggio, il tanto discusso Remigration Summit, il raduno europeo dei principali movimenti dell’estrema destra, presso il Teatro Condominio di Gallarate, in provincia di Varese. L’evento, originariamente previsto per il pomeriggio, ha invece aperto i battenti alle ore 9 del mattino, una decisione presa in extremis dagli organizzatori e resa nota solo poche ore prima dell’inizio, attraverso il loro canale Telegram.
Questa modifica di orario non è stata casuale. Secondo il sindaco di Gallarate, Andrea Cassani, l’anticipo è stato pensato per motivi di sicurezza e ordine pubblico, con l’obiettivo di evitare possibili scontri o tensioni. Il primo cittadino ha rassicurato i cittadini sottolineando che la situazione in città è al momento sotto controllo e tranquilla, grazie anche alla forte presenza delle forze dell’ordine. Tuttavia, è atteso un corteo di protesta organizzato dalle opposizioni locali, e l’auspicio delle autorità è che si svolga pacificamente, senza degenerazioni.
Ma che cos’è esattamente il Remigration Summit e perché sta suscitando tanto clamore?
Il summit ruota attorno all’ideologia della “remigrazione”, un concetto promosso da movimenti e pensatori della destra radicale europea. Alla base di questa visione c’è l’idea che l’identità culturale, etnica e religiosa europea sia minacciata dalla presenza crescente di immigrati, anche regolari o perfettamente integrati, e che per salvaguardare tale identità sia necessario incentivare – o addirittura imporre – il loro rimpatrio nei Paesi di origine, insieme ai loro discendenti.
Questa ideologia, nata nei primi anni 2000, trova ispirazione in teorie come quella della “grande sostituzione”, teorizzata dal francese Renaud Camus, secondo la quale le élite politiche starebbero favorendo un processo sistematico di sostituzione della popolazione europea con quella immigrata. In Germania, questa corrente di pensiero è rappresentata dal movimento Identitäre Bewegung, anch’esso fortemente critico nei confronti del multiculturalismo e promotore del ritorno a una presunta purezza culturale.
L’idea di fondo del Summit, dunque, è quella di dare voce a una proposta politica che, secondo i suoi sostenitori, punta a difendere l’Europa dall’erosione identitaria. Ma proprio questo aspetto ha scatenato forti reazioni nel mondo politico italiano.
Il Partito Democratico, attraverso le parole del senatore Alessandro Alfieri e del consigliere regionale Samuele Astuti, ha condannato con fermezza l’evento, definendolo un raduno ispirato a ideologie pericolosamente vicine al nazismo. Secondo i due esponenti dem, l’idea di promuovere l’espulsione collettiva degli immigrati, anche regolari, è in palese contrasto con i valori sanciti dalla Costituzione italiana e rappresenta una minaccia concreta alla coesione sociale del Paese.
Di tutt’altra opinione è Matteo Salvini, vicepremier e leader della Lega, che ha invece difeso il diritto alla libertà di espressione, anche per quelle posizioni ritenute “scomode” o controverse. Per Salvini, chi manifesta preoccupazioni per l’immigrazione incontrollata ha il pieno diritto di far sentire la propria voce, senza essere censurato o criminalizzato.
Anche Silvia Sardone, vicesegretaria della Lega, ha preso posizione, attaccando la sinistra per quello che definisce un “atteggiamento liberticida” volto a impedire il libero confronto delle idee. Per Sardone, la democrazia si basa sul pluralismo e sul rispetto delle opinioni divergenti, e vietare manifestazioni come il Remigration Summit equivarrebbe a negare un diritto fondamentale.
Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha invece espresso sollievo per il fatto che il summit non si sia svolto nel capoluogo lombardo, sottolineando la necessità di affrontare il tema dell’immigrazione con serietà, competenza e rispetto della complessità del fenomeno. “Non si può ridurre tutto a slogan o semplificazioni ideologiche,” ha dichiarato Sala, auspicando un dibattito pubblico più responsabile e meno polarizzato.
In conclusione, il Remigration Summit non è solo un evento di nicchia: rappresenta un termometro dell’attuale clima politico europeo, in cui si scontrano visioni opposte su temi cruciali come l’identità, l’integrazione e i diritti fondamentali. E se da un lato c’è chi invoca il diritto alla difesa culturale dell’Europa, dall’altro si leva un grido d’allarme contro derive estremiste che potrebbero mettere a rischio la convivenza civile.