Gaza sotto shock: ucciso Mohammed Sinwar, leader di Hamas – svolta nel conflitto e nuova crisi umanitaria

Una nuova svolta sconvolgente arriva dalla Striscia di Gaza, dove la guerra continua a mietere vittime e a ridisegnare gli equilibri del Medio Oriente. Il corpo senza vita di Mohammed Sinwar, leader di Hamas e fratello minore del più noto Yahya Sinwar, è stato ritrovato all’interno di un tunnel a Khan Yunis. Insieme a lui, sono stati rinvenuti i corpi di dieci suoi stretti collaboratori. La notizia è stata inizialmente riportata da fonti locali e poi confermata dal canale televisivo saudita Al-Hadath.

Questa scoperta rappresenta un duro colpo per la leadership di Hamas e rischia di avere ripercussioni importanti sulle dinamiche già fragili della Striscia. Ma cosa è successo davvero?

Tutto è cominciato martedì 13 maggio, quando le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno lanciato un’operazione mirata contro un centro di comando sotterraneo situato al di sotto dell’ospedale europeo di Khan Yunis. Secondo quanto riportato dall’esercito israeliano, l’obiettivo principale del raid era proprio Mohammed Sinwar, individuato in quel preciso momento all’interno della struttura. Inizialmente, il ministero della Sanità di Gaza — sotto il controllo di Hamas — aveva parlato genericamente di 16 vittime e oltre 70 feriti, senza fornire indicazioni certe sulla presenza del comandante tra i morti. Tuttavia, a distanza di alcuni giorni, la notizia della sua morte è stata ufficialmente confermata.

Mohammed Sinwar aveva assunto un ruolo chiave nella catena di comando di Hamas dopo la presunta eliminazione di Mohammed Deif. Di fatto, era diventato la guida operativa e strategica del movimento islamista palestinese in un momento particolarmente delicato del conflitto, che ormai si protrae da quasi 600 giorni. La sua figura era diventata un simbolo per molti fondamentalisti palestinesi, soprattutto dopo la scomparsa del fratello Yahya. La sua morte segna, dunque, un momento critico per Hamas, privato di un altro elemento centrale della sua leadership.

Ma le perdite per la famiglia Sinwar non si fermano qui. Poche ore dopo la conferma della morte di Mohammed, fonti ufficiali hanno annunciato anche la scomparsa di un altro fratello: Zakaria Sinwar. Quest’ultimo è stato ucciso in un attacco aereo avvenuto a Nuseirat, sempre nella Striscia di Gaza. Con lui sono deceduti anche tre dei suoi figli. Una tragedia familiare che si inserisce nel contesto di un conflitto sempre più feroce, che non fa distinzione tra civili e combattenti, tra famiglie e milizie.

Sul piano diplomatico, la situazione resta incandescente. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato con fermezza che Israele è disposto a interrompere le ostilità, ma solo a patto che Hamas abbandoni completamente la Striscia di Gaza. Una condizione che, al momento, appare difficilmente realizzabile, dato il radicamento profondo del movimento sul territorio e l’assenza di un’alternativa politica credibile per la popolazione palestinese.

Intanto, a Doha, continuano i negoziati mediati dal Qatar, con l’obiettivo di raggiungere un accordo che possa includere il rilascio degli ostaggi israeliani detenuti da Hamas e, potenzialmente, il disarmo graduale della Striscia. Tuttavia, le trattative avanzano a fatica, ostacolate da diffidenze reciproche, interessi internazionali contrastanti e da una situazione umanitaria ormai al limite del collasso.

Gaza, infatti, è sempre più al centro di una crisi umanitaria devastante. Migliaia di civili continuano a fuggire dalle zone di conflitto, gli ospedali sono al collasso, i blackout elettrici sono costanti e la carenza di cibo e acqua potabile mette a rischio la vita di milioni di persone. Le immagini che arrivano dal territorio mostrano una popolazione stremata, costretta a sopravvivere in condizioni disperate.

La morte di Mohammed Sinwar non solo segna un passaggio cruciale nella storia recente di Hamas, ma potrebbe anche rappresentare un’opportunità — seppur tragica — per un nuovo tentativo di risoluzione diplomatica del conflitto. Tuttavia, senza una volontà politica concreta da entrambe le parti e senza il sostegno determinante della comunità internazionale, il rischio è che anche questo evento finisca per alimentare ulteriormente l’odio e la vendetta.

Il futuro della Striscia di Gaza resta incerto, sospeso tra la necessità urgente di pace e la cruda realtà di una guerra che sembra non avere fine.

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