Viganò contro Papa Francesco: le accuse shock dopo la morte scuotono il futuro della Chiesa

Viganò contro Papa Francesco anche dopo la morte: accuse dure e un futuro incerto per la Chiesa

La morte di Papa Francesco ha lasciato un vuoto profondo nella comunità cattolica, ma ha anche riacceso polemiche mai sopite. Tra le voci più critiche e dirompenti, quella di Carlo Maria Viganò continua a farsi sentire con forza. L’ex arcivescovo, già scomunicato nel 2024 dal Vaticano, ha scelto di rompere il silenzio con dichiarazioni che hanno scosso l’opinione pubblica e sollevato dubbi e tensioni all’interno della Chiesa cattolica.

Viganò non ha mai nascosto la sua contrarietà al pontificato di Francesco. Anzi, ne ha fatto una missione personale, conducendo una vera e propria battaglia pubblica. Le sue affermazioni successive alla morte del Papa non sono state parole di cordoglio, bensì l’ennesimo attacco frontale, carico di accuse gravi e parole al vetriolo.

Chi è Carlo Maria Viganò

Figura già nota per il suo ruolo in Curia e per essere stato nunzio apostolico negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò è balzato all’attenzione mediatica nel 2018 quando, con una lettera pubblica, accusò Papa Francesco di aver insabbiato diversi casi di abusi sessuali all’interno della Chiesa. Quel gesto segnò una frattura insanabile con il Vaticano, dando avvio a una spirale di dichiarazioni e prese di posizione sempre più estreme.

Nel corso degli anni, Viganò ha preso posizioni radicali: ha aderito a teorie del complotto, ha sostenuto pubblicamente il movimento no-vax e si è allineato con l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Questo lo ha portato a essere visto come una figura divisiva, ma anche come un simbolo di dissenso interno nei confronti dell’attuale Chiesa.

Nel luglio 2024, la Santa Sede ha formalizzato la sua scomunica, accusandolo di aver continuato a esercitare il ministero sacerdotale nonostante la sospensione canonica. Una decisione che, lungi dal metterlo a tacere, ha rafforzato la sua opposizione.

Le parole dopo la morte di Papa Francesco

Con l’annuncio della morte di Papa Francesco, Viganò ha pubblicato un lungo post sui suoi canali social. Invece di esprimere dolore o rispetto per il defunto Pontefice, ha colto l’occasione per ribadire le sue accuse. Partendo da un’intervista del 2018 concessa da Francesco a Eugenio Scalfari, in cui si parlava della non esistenza dell’inferno in senso tradizionale, Viganò ha definito quelle parole “farneticazioni ereticali”, affermando che esse contraddicono apertamente la dottrina cattolica.

Secondo l’ex arcivescovo, l’anima di Papa Francesco non si è “dissolta”, ma sarà chiamata a rispondere davanti a Dio per “aver usurpato il soglio di Pietro” e per “aver distrutto la Chiesa cattolica, perdendo molte anime”.

Il suo attacco si estende anche a coloro che, a detta sua, sarebbero stati complici di questa deriva: i cardinali nominati da Francesco, accusati di essere parte di una “rivoluzione sinodale” che minaccia l’integrità del papato. Viganò li definisce “eversori” e teme che il prossimo conclave possa essere influenzato da questa corrente progressista.

Non risparmia nemmeno i cardinali conservatori, accusandoli di aver mantenuto una posizione ambigua e di non aver mai apertamente messo in discussione la legittimità del pontificato di Jorge Mario Bergoglio. “Su di loro – scrive Viganò – grava la responsabilità maggiore per gli esiti del prossimo conclave”.

Un futuro incerto per la Chiesa

Le parole di Viganò non sono passate inosservate e hanno riacceso il dibattito tra fedeli e addetti ai lavori. Se da una parte c’è chi considera le sue dichiarazioni un affronto alla memoria di un Papa amato da milioni di persone, dall’altra c’è anche chi le interpreta come un grido d’allarme, il sintomo di un malessere interno più profondo.

Il futuro della Chiesa si gioca ora su più fronti: la necessità di scegliere un successore in grado di mantenere l’unità, il bisogno di rispondere a queste fratture interne e il compito di salvaguardare la fede cattolica in un contesto sociale sempre più complesso e frammentato.

Viganò, con le sue parole, ha posto una sfida diretta all’istituzione ecclesiastica. Sta alla Chiesa rispondere, non solo nel conclave che verrà, ma anche nella capacità di dialogare con un mondo che cambia, senza perdere le proprie radici.

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