Codice della Strada: dubbi di legittimità sulla riforma Salvini riguardo alla guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti
Il nuovo Codice della Strada, fortemente voluto dal Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, è finito al centro di un acceso dibattito giudiziario. Il Tribunale di Pordenone ha infatti sollevato dubbi di legittimità costituzionale su una norma contenuta nella riforma, in particolare quella che prevede sanzioni per chi guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, anche se non si trova in stato di alterazione psico-fisica al momento del controllo.
Uno dei punti più controversi della riforma consiste proprio nella modifica dell’articolo 187 del Codice della Strada. Nella nuova versione, infatti, è stato eliminato il riferimento esplicito allo “stato di alterazione psico-fisica del conducente”. In altre parole, per configurare il reato non è più necessario che il guidatore si trovi in condizioni psicofisiche compromesse; è sufficiente che abbia assunto droghe in un qualsiasi momento prima di mettersi alla guida, anche a distanza di giorni.
Il caso simbolo: una donna fermata alla vigilia di Natale
L’episodio che ha fatto emergere il problema si è verificato alla vigilia di Natale. Una donna è stata fermata per un controllo e dai test tossicologici è emerso che aveva assunto sostanze oppiacee tra le 24 e le 72 ore precedenti. Tuttavia, al momento del controllo, non manifestava alcun segno di alterazione psico-fisica. Nonostante ciò, le autorità hanno proceduto ugualmente contro di lei, applicando la nuova normativa.
Secondo la nuova formulazione del Codice, infatti, “il lasso temporale intercorso tra l’assunzione e la guida è un dato oggi del tutto irrilevante.” Questo vuol dire che anche se la sostanza non ha più alcun effetto sul comportamento e sulle capacità di reazione del conducente, la sola presenza nel corpo è sufficiente a configurare l’infrazione.
L’intervento del Tribunale di Pordenone
In seguito a questo caso, il Tribunale di Pordenone ha sollevato una questione di legittimità costituzionale davanti alla Corte, mettendo in discussione la compatibilità della norma con i principi fondamentali del diritto penale e della Costituzione italiana.
Il cuore del problema risiede nel fatto che la norma punisce un comportamento potenzialmente non pericoloso, in assenza di una concreta alterazione delle capacità di guida. Questo solleva dubbi sulla proporzionalità della sanzione e sulla reale tutela della sicurezza stradale.
L’avvocato Guido Stampanoni Grassi, legale della donna coinvolta nel caso, ha dichiarato: “Ricorrere indistintamente alla sanzione penale nei confronti di tutti coloro che si pongono alla guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, a prescindere dal dato temporale della consumazione, delle ragioni e soprattutto degli effetti che ne sono concretamente derivati, è una scelta sulla cui legittimità è giusto interrogarsi.”
Una questione giuridica ed etica
La questione non è soltanto di natura giuridica, ma tocca anche un tema etico e sociale: può lo Stato punire un comportamento solo in via teorica, senza che vi sia un’effettiva messa in pericolo della collettività?
Il principio di offensività, fondamento del diritto penale, impone che un reato debba produrre o minacciare un danno concreto. Nel caso della nuova norma, invece, si prescinde totalmente dalla valutazione degli effetti reali della sostanza sull’individuo. Questo approccio potrebbe trasformare una condotta innocua in un crimine, minando il concetto stesso di giustizia.
Le possibili conseguenze
Se la Corte Costituzionale dovesse accogliere i dubbi sollevati dal Tribunale di Pordenone, si aprirebbe la strada per una revisione dell’intera norma. Potrebbero essere introdotti criteri più stringenti per accertare l’effettiva pericolosità del guidatore, come l’obbligo di dimostrare l’alterazione al momento della guida, riportando così equilibrio tra prevenzione e rispetto dei diritti individuali.
Al contrario, se la norma venisse confermata così com’è, si rischierebbe un’applicazione generalizzata e automatica delle sanzioni, con un impatto significativo anche su chi ha assunto sostanze in contesti terapeutici o medici, senza comprometterne le facoltà cognitive.
Conclusione
Il caso della signora fermata sotto Natale rappresenta solo la punta dell’iceberg. La riforma del Codice della Strada voluta da Salvini, seppur ispirata da intenti di maggiore sicurezza, pone interrogativi importanti sul piano giuridico e costituzionale. La parola ora spetta alla Corte, che sarà chiamata a stabilire se la tutela della sicurezza stradale possa davvero giustificare l’abbandono del principio di effettiva pericolosità alla guida.