Migranti trasferiti in Albania: polemiche sull’arrivo della nave Libra e la denuncia di Cecilia Strada
La nave Libra della Marina militare italiana è approdata al porto di Shengjin, in Albania, trasportando 40 migranti di diverse nazionalità, tutti destinatari di decreti di espulsione emessi dall’Italia. Questo trasferimento ha riacceso un acceso dibattito politico e sociale, sollevando interrogativi sulla legittimità e l’umanità delle pratiche adottate dal governo italiano nella gestione dei flussi migratori.
I migranti a bordo della nave provenivano da diversi Paesi: Tunisia, Egitto, Bangladesh, Pakistan, Algeria, Georgia, Nigeria e Moldavia. Prima di essere imbarcati, erano stati trasferiti al Centro di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr) di Restinco, a Brindisi, provenienti da altri centri sparsi sul territorio italiano. La loro destinazione finale è il centro di Gjader, in Albania, recentemente autorizzato ad accogliere migranti espulsi dall’Italia in base al nuovo decreto governativo in vigore dal 28 marzo.
All’arrivo della nave, il porto albanese si è riempito di camionette della polizia, dei carabinieri e della Guardia di Finanza, a testimonianza di un’operazione di sicurezza estremamente strutturata. I migranti sono stati subito scortati verso il centro di Gjader, accompagnati da un rigido cordone di forze dell’ordine.
Tuttavia, questa operazione non è passata inosservata. A sollevare forti critiche è stata l’eurodeputata del Partito Democratico, Cecilia Strada, che si è recata personalmente a Shengjin per monitorare la situazione. Durante un incontro con la stampa, Strada ha descritto scene che hanno suscitato forte inquietudine: “Scendevano ammanettati – ha dichiarato –. Chiederemo conto delle modalità di trasferimento. Attendiamo di poter entrare nell’hotspot non appena saranno concluse le operazioni di polizia.”
Secondo la parlamentare europea, la gestione del trasferimento presenta numerosi punti oscuri. “Vengono apparentemente da molti Cpr sparsi in Italia, quasi tutti. Ma le informazioni sono ancora poche e frammentarie,” ha aggiunto, sottolineando la scarsa trasparenza del processo.
Il centro di Gjader, ora convertito ufficialmente in Centro di Permanenza per il Rimpatrio, si trova al centro di una controversia politica e giuridica di ampio respiro. Le opposizioni accusano il governo Meloni di aver creato un sistema dispendioso e disumano, che rischia di violare le normative europee in materia di asilo e diritti umani. Secondo alcune sentenze passate, il trattenimento dei migranti in queste strutture era stato sospeso, in attesa di una decisione definitiva da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Nonostante ciò, l’esecutivo ha deciso di procedere con i trasferimenti, cercando di anticipare eventuali nuovi blocchi giuridici attraverso una modifica della destinazione d’uso delle strutture. Questo tentativo di aggirare gli ostacoli legali non ha però spento le polemiche, anzi ha alimentato nuove critiche da parte della società civile e delle forze politiche di opposizione.
“Una delle stranezze giuridiche di questo accordo – ha continuato Cecilia Strada – è che i migranti sbarcano da una nave italiana, attraversano un territorio extra Ue, per poi rientrare in un’area sotto la giurisdizione italiana. Di fatto, si tratta di un trasferimento internazionale effettuato in autobus per pochi metri.”
Il commento sottolinea l’assurdità apparente di un meccanismo che si fonda su un complicato equilibrio tra diritto nazionale, accordi bilaterali e normativa europea. Il risultato è un sistema che, sebbene formalmente legittimo secondo le nuove disposizioni italiane, desta molte perplessità sul piano dei diritti fondamentali e della coerenza giuridica.
La questione migratoria si conferma così uno dei temi più divisivi dell’agenda politica italiana. Il caso della nave Libra e dei 40 migranti trasportati in Albania rappresenta l’ennesimo episodio di un approccio securitario che, pur cercando soluzioni esterne al problema dell’accoglienza, rischia di sacrificare i principi umanitari su cui si fonda l’Unione Europea.
Mentre il governo difende la legittimità dell’operazione e la necessità di alleggerire la pressione sui centri italiani, le voci critiche si moltiplicano. L’equilibrio tra sicurezza, legalità e rispetto della dignità umana rimane un nodo irrisolto, che continuerà a suscitare dibattito nei mesi a venire.