Scintille e dibattiti accesi nel panorama politico italiano a seguito delle recenti dichiarazioni della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che hanno sollevato non poche polemiche. Durante un intervento in Parlamento, alla vigilia del Consiglio europeo dedicato a tematiche sensibili come il riarmo e il sostegno all’Ucraina, Meloni ha espresso un punto di vista critico nei confronti del Manifesto di Ventotene, definendolo provocatoriamente “non la mia Europa”.
Questa affermazione ha suscitato l’immediata reazione delle opposizioni, che hanno interpretato le parole della premier come un attacco a uno dei simboli più importanti del sogno europeista. Il Manifesto di Ventotene, infatti, redatto durante la Seconda guerra mondiale da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, rappresenta ancora oggi il nucleo ideale di un’Europa unita, pacifica e solidale. Un documento nato in un momento di oscurità per immaginare un futuro di speranza e cooperazione.
A infiammare ulteriormente il clima, è intervenuto anche Roberto Benigni, celebre attore e regista italiano, durante uno speciale andato in onda su Rai1. Con la sua consueta ironia e lucidità, Benigni ha voluto omaggiare gli autori del Manifesto e le figure femminili che ne hanno custodito e tramandato il valore: Ursula Hirschmann e Ada Rossi. Il comico toscano ha sottolineato il ruolo fondamentale di questi intellettuali nella costruzione di un ideale europeo basato sull’integrazione e la pace.
Nel corso del suo intervento, Benigni non ha risparmiato frecciate ironiche, lanciando anche una battuta pungente: “Fortuna che vivo in un Paese dove esiste la libertà di parola, altrimenti per questo spettacolo mi manderebbero su Sant’Elena”. Un chiaro riferimento ai tempi in cui il dissenso veniva represso e, allo stesso tempo, un’affermazione sulla libertà di esprimere opinioni anche scomode.
Benigni ha inoltre difeso con forza il progetto europeo, descrivendo l’Unione Europea come una delle più straordinarie conquiste della storia contemporanea: “L’Europa non è soltanto burocrazia. È la più grande costruzione politica, sociale, economica e istituzionale degli ultimi cinquemila anni”. Parole che hanno trovato risonanza in chi crede ancora nel sogno europeo come forza capace di superare i confini e le divisioni.
Con toni più seri, l’artista ha espresso una forte critica ai nazionalismi, considerandoli il motore dei conflitti: “Il nazionalismo alimenta la guerra, è la sua causa e il suo propellente. L’Unione Europea è nata per combatterlo, perché è una fede estremista che mette la Nazione sopra tutto, anche sopra Dio”. Un attacco deciso e profondo a quelle ideologie che antepongono l’identità nazionale a valori universali come la pace, la cooperazione e i diritti umani.
Benigni non ha risparmiato nemmeno la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, definendola ironicamente “nel bunker del riarmo”, in riferimento alle recenti discussioni sull’aumento delle spese militari. E, con sarcasmo tagliente, ha preso di mira anche Giorgia Meloni: “Giura sulla sua Tesla di non essere alleata di Elon Musk”. Una battuta che ha colpito per la sua attualità e per la capacità di sdrammatizzare temi complessi attraverso l’ironia.
Nel finale del suo intervento, Benigni ha rilanciato l’idea di una vera federazione europea, sul modello degli Stati Uniti, dotata di una Costituzione comune, un esercito e una difesa condivisa. “Sento dire: ‘se ci uniamo, scompariremo’. È esattamente il contrario! Nella federazione le genti si uniscono pacificamente, democraticamente, senza violenza”, ha affermato con convinzione, sollecitando una riflessione profonda sul futuro del progetto europeo.
Le sue parole hanno avuto un forte impatto nell’opinione pubblica, riaccendendo il dibattito sull’identità europea e sul ruolo dell’Italia all’interno dell’Unione. In un periodo segnato da tensioni geopolitiche, sfide energetiche e instabilità economiche, il confronto sul significato dell’Europa e sul senso di appartenenza comune diventa ancora più urgente.
Il contrasto tra le parole della premier Meloni e l’intervento di Benigni riflette un’Italia divisa tra chi guarda al futuro con spirito europeista e chi, invece, riscopre una visione più identitaria e nazionalista. In questo scenario, il Manifesto di Ventotene continua a rappresentare un simbolo di speranza, una bussola per ritrovare il senso di un cammino comune, che oggi appare più che mai necessario.