Caso Almasri: denuncia alla Corte Penale Internazionale contro il governo italiano
Secondo quanto riportato dal quotidiano Avvenire, una denuncia è stata presentata presso l’Ufficio del Procuratore della Corte Penale Internazionale e successivamente trasmessa al cancelliere e al presidente del Tribunale. Nel documento compaiono i nomi della premier Giorgia Meloni e dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. La denuncia sarebbe stata avanzata dagli avvocati di un rifugiato sudanese, il quale aveva già testimoniato nel 2019 davanti agli investigatori internazionali, raccontando le torture subite in Libia insieme alla moglie mentre erano detenuti sotto il controllo del generale Almasri.
Le accuse mosse contro il governo italiano
Secondo il contenuto della denuncia, la presidente del Consiglio e i due ministri “hanno abusato dei loro poteri esecutivi per eludere gli obblighi internazionali e nazionali”.
Il rifugiato sudanese del Darfur, ora residente in Francia, ha depositato un documento di 23 pagine in cui afferma di essere stato vittima, insieme alla moglie e ad altri membri del suo gruppo, di una serie di crimini reiterati. Già nel 2019, l’uomo aveva consegnato al Procuratore della Corte Penale Internazionale una serie di prove che, a suo dire, coinvolgerebbero alti funzionari dell’Unione Europea e dell’Italia, tra cui ex premier e ministri, accusati di aver favorito crimini contro i diritti umani in Libia.
Le discrepanze nel documento presentato
Sempre secondo Avvenire, il documento contiene alcune inesattezze. Tra le più rilevanti, la denuncia sostiene che il generale Almasri sia rimasto in Italia per 12 giorni. Tuttavia, la realtà dei fatti sarebbe diversa: Almasri avrebbe trascorso in Italia solo quattro giorni, dal 18 al 22 gennaio, prima di essere rilasciato dalla Corte d’Appello di Roma e successivamente rimpatriato a Tripoli attraverso un volo organizzato dai servizi segreti italiani.
La replica del governo italiano
A seguito della diffusione della notizia, fonti governative hanno negato che esista un procedimento aperto contro l’Italia presso la Corte Penale Internazionale. “Ad oggi non risulta alcun procedimento formale contro l’Italia. Il Procuratore non ha ufficialmente trasmesso la denuncia del cittadino sudanese né al cancelliere né ai giudici”, hanno dichiarato fonti vicine all’esecutivo.
Sempre secondo il governo, il rifugiato sudanese avrebbe inviato una semplice comunicazione via e-mail all’indirizzo dedicato dell’Ufficio del Procuratore. “Ogni comunicazione ricevuta viene esaminata attentamente, e solo se ritenuta fondata può dare origine a un procedimento giudiziario, il quale richiede mesi di istruttoria. Di norma, queste informazioni restano riservate, salvo che lo stesso denunciante non le renda pubbliche”, hanno spiegato le fonti governative.
Il Ministero della Giustizia chiede chiarimenti
L’agenzia di stampa ANSA riferisce che il Ministero della Giustizia italiano potrebbe a breve inviare una richiesta di chiarimenti alla Corte Penale Internazionale in merito alle incongruenze riscontrate nelle procedure relative al mandato di arresto del generale libico Almasri.
Nel frattempo, diversi membri del governo hanno commentato la vicenda:
- Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervistato dal programma radiofonico Un giorno da pecora, ha dichiarato: “Credo che in questo mondo si indaghi su tutto. Noi abbiamo fiducia nella giustizia umana, anche se spesso è fallibile. Per questo postulo l’esistenza di una giustizia divina, ma per ora ci affidiamo a quella umana e vedremo come andrà a finire”.
- Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha espresso dubbi sull’operato della Corte Penale Internazionale: “Non commento la CPI, ma ho molte riserve sul suo comportamento in questa vicenda. Forse bisognerebbe aprire un’inchiesta sulla Corte stessa per chiarire come si sia mossa in questo caso”.
Mentre il governo italiano nega qualsiasi coinvolgimento diretto e solleva perplessità sulla gestione del caso da parte della Corte Penale Internazionale, resta da vedere se la denuncia presentata dal rifugiato sudanese avrà sviluppi concreti o se sarà archiviata per mancanza di prove sufficienti.