Flotilla e Parlamento: il discorso di Crosetto tra condanna e richiami alla prudenza
Roma, Montecitorio. È un mercoledì mattina carico di tensione. Nei corridoi della Camera dei deputati le voci corrono veloci, precedendo l’ingresso del ministro della Difesa, Guido Crosetto. L’Aula attende la sua informativa urgente sull’attacco notturno alla Global Sumud Flotilla, un convoglio civile diretto verso Gaza che, poche ore prima, era stato colpito da droni e ordigni sonori. Alcune delle imbarcazioni portavano bandiera italiana, dettaglio che accresce la gravità della vicenda e richiama inevitabilmente l’attenzione del governo e delle istituzioni.
L’intervento del ministro
Crosetto prende la parola senza esitazioni. «In democrazia – ricorda – qualunque azione di protesta civile deve essere tutelata, se svolta nel rispetto delle regole e del diritto internazionale. Non può e non deve essere soffocata con la violenza». Le sue parole, riportate dalle agenzie, assumono subito il tono di una presa di posizione netta.
Nel frattempo, la fregata Fasan della Marina militare, già autorizzata a muoversi, naviga in direzione della Flotilla. «Se necessario – annuncia il ministro – sarà inviata anche la nave Alpino, per garantire ulteriori capacità operative». Il clima resta teso: in Aula cala un silenzio denso, interrotto solo dai flash dei fotografi e dalle penne dei cronisti.
Crosetto chiede collaborazione a tutte le forze politiche: «Voglio che non accada nessun incidente. E per questo invoco l’aiuto di ciascuno di voi, indipendentemente dalle divisioni».
Sicurezza e diplomazia
Secondo quanto riportato da Il Messaggero, il ministro ha affrontato anche il tema della sicurezza in mare aperto. «Fuori dalle acque internazionali non possiamo garantire nulla», ha ammesso con franchezza. Ha poi proposto una possibile via alternativa: far transitare gli aiuti per Gaza attraverso Cipro, con il sostegno della Chiesa. Un suggerimento che divide l’Aula, ma che raccoglie il favore di parte della maggioranza.
La posizione del governo resta comunque chiara. «La condanna degli attacchi è ferma e totale – ribadisce Crosetto –. Aggredire imbarcazioni civili in acque internazionali è inaccettabile». Tuttavia, sottolinea La Stampa, il ministro precisa che la presenza delle navi italiane non ha intenti provocatori. La missione ha un obiettivo preciso: «tutelare i cittadini italiani, come avvenuto in Libia o in altre aree di crisi».
Le domande in Aula
Il dibattito prende una piega più riflessiva quando Crosetto abbassa il tono della voce e pone una domanda diretta: «Era necessario mettere a rischio la vita di cittadini italiani per portare aiuti a Gaza?». Lo sguardo fisso, il tono fermo. «Il nostro governo – spiega – ha già sostenuto in maniera significativa la popolazione della Striscia. Siamo in grado di inviare aiuti in poche ore, senza mettere a repentaglio vite umane. Perché allora correre un rischio così grande?».
Un intervento che Il Sole 24 Ore ha definito «un richiamo alla prudenza».
L’obiettivo: aiuti sì, ma senza rischi
Il ministro non lascia spazio a equivoci: «Gli aiuti devono arrivare a Gaza. Ma è fondamentale che nessuna persona della Flotilla si faccia male». È in questa prospettiva che si colloca l’invio delle navi italiane: un’operazione di protezione, non di provocazione. «Possiamo riuscirci solo dialogando con tutti gli attori in campo», conclude Crosetto.
Il Fatto Quotidiano ha poi ricostruito le ore concitate della notte: la decisione di muovere la fregata Fasan, e successivamente anche la nave Alpino, sarebbe stata presa in tempo reale, man mano che arrivavano le prime notizie degli attacchi. Non una scelta politica, dunque, ma un intervento di sicurezza immediata.
Reazioni e prospettive
In Aula l’opposizione ascolta in silenzio. Qualche applauso, poche dichiarazioni. I cronisti di Repubblica segnalano che nelle ore successive sono previste nuove riunioni per valutare gli sviluppi della vicenda.
Intanto, in mare, la Global Sumud Flotilla continua la sua rotta verso Gaza, questa volta sotto scorta italiana. Una protezione che rassicura, ma che non scioglie le incognite. La domanda che aleggia, dentro e fuori il Parlamento, resta sospesa: era davvero inevitabile arrivare a questo punto?
Un interrogativo che interseca politica estera, sicurezza nazionale e sensibilità umanitaria. Perché se da un lato il sostegno alla popolazione di Gaza è riconosciuto da tutte le forze politiche, dall’altro la tutela della vita dei cittadini italiani in missioni ad alto rischio resta una priorità non negoziabile.
Una questione ancora aperta
La vicenda della Flotilla è destinata a segnare il dibattito pubblico nelle prossime settimane. Da una parte c’è il dovere morale e politico di sostenere chi vive sotto assedio; dall’altra c’è la necessità di non trasformare la solidarietà in un gesto che espone a pericoli ingiustificati.
La linea del ministro Crosetto, almeno per ora, sembra muoversi in equilibrio tra queste due esigenze: fermezza nella condanna degli attacchi, volontà di garantire aiuti concreti, ma sempre nel quadro di una prudenza che eviti nuovi incidenti.
Il viaggio della Flotilla continua, e con esso anche il dibattito. Perché la domanda rimane lì, irrisolta: era davvero inevitabile tutto questo?