Articolo riscritto
Arriva in redazione un comunicato del Codacons Lombardia e, con sorpresa, non riguarda un classico caso di tutela dei consumatori contro pubblicità ingannevoli o pratiche scorrette, ma una questione molto più delicata: l’utilizzo del Taser da parte delle forze dell’ordine. L’associazione, infatti, ha deciso di costituirsi parte offesa e di presentare denuncia alla Procura, chiedendo addirittura il sequestro preventivo di queste armi su base nazionale. Una posizione che apre un ampio dibattito, poiché tocca il cuore del rapporto tra sicurezza pubblica e diritti fondamentali della persona.
Il comunicato non lascia spazio a dubbi: il Codacons sottolinea come le morti registrate dopo l’impiego del Taser dimostrino che questo strumento, spesso presentato come “alternativa non letale” all’arma da fuoco, nasconda in realtà rischi gravi e inaccettabili. Anche un potenziale delinquente – sostiene l’associazione – ha diritto alla tutela della vita, principio cardine di ogni democrazia.
Per chi non conoscesse il Taser, si tratta di una pistola che emette impulsi elettrici in grado di immobilizzare temporaneamente una persona. Non è un’arma da fuoco, ma nemmeno un dispositivo innocuo: può avere conseguenze molto serie sulla salute, soprattutto in soggetti già fragili o con patologie pregresse. Non a caso, il suo utilizzo richiede un addestramento specifico e protocolli rigidi.
Il punto centrale della questione è proprio questo: da una parte il diritto alla sicurezza delle forze dell’ordine e dei cittadini, dall’altra la necessità di evitare che un intervento per fermare un reato si trasformi in una tragedia irreparabile. Le cronache quotidiane ci raccontano episodi che pongono interrogativi concreti: come fermare chi minaccia passanti con un coltello senza rischiare ferite gravi? Come bloccare un rapinatore in fuga senza generare traumi? E ancora, come intervenire davanti a un ladro colto sul fatto, che difficilmente si lascia arrestare senza resistere?
Di fronte a simili scenari, è inevitabile domandarsi se sia realistico pensare a una gestione dell’ordine pubblico senza strumenti di coercizione efficaci. Il Taser, pur con tutti i rischi, è stato concepito come deterrente intermedio tra l’uso della forza fisica e quello dell’arma da fuoco. Eppure, la sua pericolosità non può essere sottovalutata.
Il Codacons Lombardia, citando il caso di Claudio Citro, deceduto dopo l’impiego del Taser, ha chiesto alla Procura indagini approfondite per chiarire le cause della morte e le eventuali responsabilità penali. Contestualmente, l’associazione ha invocato il sequestro dei dispositivi su tutto il territorio nazionale, richiamando l’articolo 321 del codice di procedura penale. L’obiettivo è scongiurare ulteriori decessi e proteggere la salute pubblica.
Lo stesso presidente di Codacons Lombardia, Marco Maria Donzelli, ha dichiarato con fermezza: “Il Taser non può rimanere in dotazione se continua a mietere vittime. La tutela della vita, anche di chi sbaglia, è un principio cardine della nostra democrazia e non può essere sacrificato.”
Queste parole mettono in luce un dilemma che la società italiana deve affrontare: fino a che punto è lecito accettare un rischio pur di garantire la sicurezza? La domanda non è semplice, perché coinvolge valori fondamentali come la dignità umana, la legalità e la protezione delle forze dell’ordine che ogni giorno rischiano la vita.
Da un lato, è giusto regolamentare l’utilizzo del Taser e vigilare affinché venga impiegato solo in situazioni di reale pericolo. Dall’altro, non si può ignorare che le nostre città sono sempre più segnate da episodi di criminalità diffusa: borseggiatori seriali, rapine, aggressioni. Spesso le stesse persone vengono arrestate più volte nello stesso giorno e rimesse subito in libertà, alimentando un senso di impunità e frustrazione tra i cittadini.
In questo contesto, la riflessione del Codacons appare provocatoria ma necessaria: fino a che punto possiamo tollerare uno strumento che, sebbene nato per difendere la collettività, ha già provocato morti? E, parallelamente, fino a che punto possiamo chiedere alle forze dell’ordine di intervenire a mani nude in situazioni che mettono a repentaglio la loro stessa incolumità?
La verità è che non esistono risposte semplici. L’equilibrio tra tutela della vita e mantenimento dell’ordine pubblico è fragile e richiede regole chiare, controlli severi e soprattutto una cultura civica diffusa. Perché è vero che anche chi commette un reato ha diritti inviolabili, ma è altrettanto vero che chi serve lo Stato non può essere lasciato senza strumenti efficaci per difendere sé stesso e gli altri.
La discussione rimane aperta e inevitabilmente divisiva: Taser sì o Taser no?