La sentenza sul caso Ciro Grillo: cinque anni di indagini, polemiche e una condanna che divide l’opinione pubblica
Oggi si è chiuso uno dei processi più seguiti degli ultimi anni in Italia, quello che ha visto protagonista Ciro Grillo, figlio del comico e fondatore del Movimento 5 Stelle, accusato insieme a tre amici di violenza sessuale di gruppo. Una vicenda giudiziaria iniziata nell’estate del 2019 e approdata, dopo un lungo percorso tra indagini, udienze e scontri tra accusa e difesa, a una sentenza che segna un punto di svolta ma lascia aperti dibattiti e polemiche.
L’origine del caso
La vicenda ha avuto inizio a Porto Cervo, in Sardegna, nella villa di proprietà della famiglia Grillo. Una studentessa italo-norvegese di 19 anni denunciò di aver subito uno stupro di gruppo da parte di Ciro Grillo ed altri tre giovani: Edoardo Capitta, Vittorio Lauria e Francesco Corsiglia. Secondo l’accusa, la ragazza sarebbe stata indotta a bere un cocktail alcolico con effetti debilitanti e, una volta stordita, sarebbe stata abusata. A complicare ulteriormente il quadro, alcuni video e fotografie scattate con lo smartphone che avrebbero documentato quanto accaduto.
Gli imputati hanno sempre respinto le accuse, sostenendo che i rapporti fossero stati consenzienti. Una linea difensiva ribadita con forza anche pubblicamente, alimentando un acceso dibattito mediatico, soprattutto dopo le dichiarazioni di Beppe Grillo, che difese a spada tratta il figlio.
Un processo lungo e complesso
Il procedimento giudiziario è stato segnato da momenti di forte tensione. L’udienza finale, originariamente prevista per il 3 settembre 2024, era stata rinviata a causa del lutto che aveva colpito il giudice Marco Contu, presidente del collegio giudicante. Dopo la ripresa, i giudici hanno ascoltato le arringhe delle parti e si sono riuniti per stabilire la sentenza definitiva, arrivata il 22 settembre 2025.
Il pubblico ministero aveva chiesto per tutti sei anni di reclusione, con un aggravamento della pena per la continuazione del reato. La difesa, invece, ha insistito sul carattere consensuale dei rapporti e sulla mancanza di prove certe a sostegno della tesi accusatoria.
La decisione dei giudici
La Corte di Tempio Pausania ha condannato Ciro Grillo, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria a otto anni di carcere ciascuno, mentre Francesco Corsiglia ha ricevuto una pena di sei anni e sei mesi. I giudici hanno riconosciuto le attenuanti generiche ma, allo stesso tempo, hanno disposto un risarcimento provvisorio per le parti civili: 10.000 euro ciascuno a carico di Grillo, Lauria e Capitta, e 5.000 euro per Corsiglia.
Quest’ultimo è stato assolto dall’accusa di aver molestato l’amica della vittima tramite immagini a sfondo sessuale, scattate senza consenso, ma è stato comunque ritenuto colpevole per la violenza di gruppo. La quantificazione definitiva dei risarcimenti civili sarà stabilita in una fase successiva.
Al momento della lettura della sentenza, né gli imputati né la vittima erano presenti in aula.
Le reazioni
Grande emozione è stata espressa dall’avvocato Giulia Bongiorno, legale della giovane donna:
«Nonostante le prove fossero solide, non ci si abitua mai ad attendere una decisione così importante. La mia assistita è scoppiata in lacrime: erano le prime lacrime di gioia dopo anni in cui è stata messa in croce», ha dichiarato.
Dall’altra parte, le difese hanno reagito con delusione e amarezza. L’avvocato Enrico Grillo, difensore di Ciro, ha definito la sentenza ingiusta e ha annunciato ricorso in appello:
«Siamo convinti della nostra innocenza, aspettiamo le motivazioni della sentenza e continueremo a difenderci nei prossimi gradi di giudizio».
Anche l’avvocato Antonella Cuccureddu, legale di Corsiglia, ha espresso sorpresa per l’esito, ritenendo che gli elementi raccolti in aula avrebbero potuto portare a un’assoluzione. L’avvocato Alessandro Vaccaro, che difende Lauria, ha parlato di «sentenza pesante» e ha ribadito la volontà di proseguire la battaglia legale.
Un caso che divide
Il processo a Ciro Grillo ha acceso il dibattito pubblico italiano su temi cruciali: il consenso, la violenza di genere, il rapporto tra giustizia e media. Le immagini e i video acquisiti durante le indagini hanno sollevato interrogativi etici e giuridici, così come le dichiarazioni di personaggi pubblici coinvolti.
Per l’opinione pubblica, la sentenza rappresenta un momento di chiarezza dopo anni di incertezze, ma non chiude le polemiche. La difesa ha già annunciato appello e il caso continuerà a far discutere, probabilmente anche nei prossimi anni.
Intanto, per la vittima, la decisione dei giudici costituisce un passo fondamentale verso il riconoscimento della sua versione e un risarcimento, almeno simbolico, per la sofferenza subita.