“Latina, il dolore per Paolo Mendico: il ricordo della madre del 14enne vittima di bullismo”

Latina, il dolore infinito per Paolo Mendico: il ricordo della madre dopo il suicidio del figlio di 14 anni

La morte di Paolo Mendico ha scosso profondamente tutta l’Italia. Un ragazzo di soli 14 anni che decide di togliersi la vita lascia dietro di sé non solo un vuoto incolmabile nella sua famiglia, ma anche una ferita dolorosa nella coscienza collettiva. A quell’età, la vita dovrebbe essere tutta davanti, fatta di sogni, di esperienze da vivere e di opportunità da cogliere. Invece, il peso di parole troppo dure, di offese e di solitudine lo ha trascinato in un buio da cui non è riuscito a riemergere.

Il dramma si è consumato a Santi Cosma e Damiano, in provincia di Latina, proprio nel giorno in cui Paolo avrebbe dovuto rientrare a scuola. Quel luogo, che avrebbe dovuto essere simbolo di crescita, di conoscenza e di amicizie, per lui era diventato una fonte di sofferenza insostenibile. Le parole offensive, ripetute e violente, lo avevano logorato fino al punto di spegnere la speranza.

Oggi i genitori piangono il loro ragazzo e si interrogano, come molti, su quanto potesse soffrire dentro un adolescente così giovane per arrivare a una decisione tanto estrema. Le indagini sono in corso e cercano di stabilire se le segnalazioni fatte dalla famiglia alla scuola siano state trascurate o sottovalutate. Una domanda dolorosa, che pesa come un macigno: si poteva evitare questa tragedia?

Le parole della mamma sui social

In mezzo al silenzio che avvolge la casa di Paolo, la voce più forte è quella della mamma, Simonetta. È lei ad aver scelto di affidarsi ai social per condividere un ricordo del figlio e lanciare un messaggio accorato. Con parole semplici ma cariche di emozione, ha voluto raccontare chi era Paolo, ma anche sottolineare la potenza, talvolta distruttiva, delle parole.

“Le parole possono essere carezze, oppure pugni – ha scritto – e Paolo ne ha ricevuti troppi.” Una frase che pesa come una verità innegabile. Troppo spesso si dimentica che un insulto, una presa in giro o una frase pronunciata con superficialità possono ferire più di uno schiaffo. Possono segnare l’anima di chi ascolta, soprattutto quando si tratta di un ragazzo fragile, che ancora sta cercando di costruire la propria identità.

Simonetta ha ricordato di guardare i video del figlio e di sentire il cuore spezzarsi. Si chiede quali fossero i suoi desideri negli ultimi momenti, quale pensiero lo abbia accompagnato quando ha chiuso gli occhi. Ma la madre non si è fermata al dolore: ha voluto trasformarlo in un invito, rivolto a tutti, a imparare ad ascoltare di più, a capire, a fermarsi prima che sia troppo tardi.

“Questo video – ha scritto – voglio condividerlo per ricordare quanto è fragile l’anima di chi ci sembra forte. Per ricordare che le parole fanno male, più delle mani. Che non tutti hanno il nostro modo di reagire, il nostro carattere. Una parola detta male può lasciare un segno che non si cancella. E Paolo di parole ne ha ricevute troppe. Troppo dure. Troppo violente. Fino a quando non ce l’ha fatta più.”

Una comunità sconvolta

La notizia della morte di Paolo ha colpito non solo la famiglia, ma l’intera comunità di Santi Cosma e Damiano e tutta la provincia di Latina. Amici, compagni di classe e insegnanti si trovano ora a fare i conti con un dolore che è anche senso di colpa, con domande senza risposta e con il bisogno di riflettere seriamente su cosa significhi davvero prendersi cura dei più giovani.

Il bullismo, spesso minimizzato o confuso con “ragazzate”, è un fenomeno che lascia segni profondi. E questo tragico epilogo dovrebbe spingere tutti – famiglie, scuole, istituzioni – a non sottovalutare mai più i campanelli d’allarme.

Una lezione per tutti

Il ricordo di Paolo non deve rimanere solo un dolore privato. Può e deve diventare un monito per la società intera. Le parole della madre, così autentiche e vere, ci ricordano che dietro ogni sorriso può nascondersi una fragilità invisibile. E che il compito degli adulti è vigilare, proteggere, non voltarsi dall’altra parte.

Ascoltare i nostri figli, parlare con loro, insegnare la gentilezza e il rispetto, intervenire davanti alle ingiustizie: sono tutti piccoli gesti che possono salvare una vita. La storia di Paolo Mendico ci ricorda che una parola detta con leggerezza può uccidere, mentre una parola di sostegno può diventare un’ancora di salvezza.

Oggi la famiglia Mendico piange, ma il loro dolore non deve essere vano. Paolo, con la sua giovane vita spezzata, ci lascia un compito: non dimenticare, non restare indifferenti, non lasciare che altri ragazzi si sentano soli di fronte a un muro di parole cattive.

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