“Tragedia del Natisone: le famiglie chiedono giustizia e 3,7 milioni di risarcimento”

La tragedia del Natisone: la battaglia delle famiglie per giustizia e verità

La tragedia avvenuta lungo il fiume Natisone continua a pesare come una ferita aperta non solo per le famiglie delle vittime, ma anche per l’intera comunità. Quel pomeriggio, che sembrava iniziare come tanti altri, si trasformò in pochi minuti in un dramma che nessuno dimenticherà. Le acque impetuose hanno strappato la vita a giovani pieni di speranze e sogni, lasciando dietro di sé dolore, domande senza risposta e un processo giudiziario complesso che oggi coinvolge istituzioni e soccorsi.

Le famiglie delle vittime hanno deciso di costituirsi parte civile. A rappresentarle c’è l’avvocato Andrea Ruggero, che ha depositato gli atti necessari all’apertura di un procedimento penale. Al centro delle accuse ci sono tre vigili del fuoco e un infermiere della Sores, ritenuti responsabili, almeno in parte, della gestione inadeguata dei soccorsi. Il caso ha quindi assunto una piega giudiziaria netta, aprendo un lungo cammino legale che potrebbe durare mesi, se non anni.

Le voci delle famiglie

Davanti al tribunale, le parole dei genitori spezzano il silenzio con la forza della disperazione. La signora Doros, madre di una delle vittime, non riesce a trattenere le lacrime: «Mio figlio era un ragazzo pieno di vita. Non meritava una fine simile. Quel giorno non era un giorno come gli altri, eppure nessuno ha fatto abbastanza per salvarlo».

Le testimonianze raccolte dai giornalisti locali restituiscono immagini drammatiche di quel pomeriggio. Marco Cormos, cugino di una delle vittime e sopravvissuto alla piena, ricorda il fragore assordante dell’acqua e il panico che si diffuse in pochi istanti. «Sembrava che il fiume volesse inghiottirci. Non si poteva immaginare un disastro del genere». Queste parole, pubblicate dal Messaggero Veneto, descrivono un evento che ha lasciato un segno indelebile nel cuore della comunità.

La richiesta di risarcimento

L’atto di costituzione di parte civile non si limita a chiedere un riconoscimento morale. C’è anche la richiesta di un risarcimento economico: 3,7 milioni di euro. Una cifra che, oltre al valore materiale, rappresenta simbolicamente il tentativo di dare un peso a un dolore che non si può davvero quantificare. I danni richiesti riguardano non solo l’aspetto patrimoniale, ma anche quelli non patrimoniali, biologici e morali.

L’avvocato Ruggero sottolinea come il processo non sia soltanto un mezzo per ottenere un risarcimento, ma soprattutto un percorso per far emergere responsabilità precise. «Vogliamo che sia riconosciuta la responsabilità di chi avrebbe dovuto proteggere i nostri figli. Non cerchiamo vendetta, ma giustizia».

Le responsabilità contestate

Tra le carte depositate emergono critiche severe alla gestione dei soccorsi. Secondo l’accusa, i vigili del fuoco avrebbero sottovalutato la forza della piena, mentre l’infermiere della Sores non avrebbe garantito il coordinamento necessario tra le varie squadre. Dettagli apparentemente minimi, ma che in circostanze estreme possono fare la differenza tra la vita e la morte.

La Procura di Udine ha avviato indagini approfondite, raccogliendo testimonianze, acquisendo video di telecamere di sorveglianza e analizzando ogni elemento utile a ricostruire la dinamica dei fatti.

Il peso psicologico e comunitario

Oltre al lutto personale, resta il trauma quotidiano. «Non dormiamo più», racconta la signora Molnar a Il Friuli. «Ogni volta che sentiamo lo scroscio dell’acqua ci sembra di rivivere la tragedia». Questo dolore, che non si limita al ricordo ma si manifesta in gesti quotidiani, ha minato l’equilibrio emotivo di intere famiglie.

Anche la comunità locale è rimasta segnata. A Natisone, tra le case di pietra e le vie strette, la gente parla ancora del disastro. Le vittime sono ricordate come presenze vive, giovani che correvano lungo le rive del torrente e che oggi non ci sono più.

La lunga strada della giustizia

Il percorso giudiziario sarà inevitabilmente complesso. Tra cause penali e civili, tra verifiche tecniche e responsabilità istituzionali, la strada è lunga e incerta. Ma ciò che muove le famiglie è la volontà di ottenere verità e giustizia. Non solo per i propri cari, ma anche per impedire che simili tragedie possano ripetersi.

La cifra richiesta, i 3,7 milioni di euro, è solo un simbolo di un dolore che resta incolmabile. Ma ogni udienza, ogni testimonianza, ogni documento depositato rappresenta un passo verso il riconoscimento delle responsabilità.

Una ferita che interpella tutti

La tragedia del Natisone non è soltanto un caso giudiziario: è una vicenda che interroga le coscienze. Parla di istituzioni che devono rispondere alle proprie mancanze, di soccorsi che devono essere organizzati meglio, di comunità che cercano di elaborare un lutto collettivo.

Il ricordo dei ragazzi, i racconti delle famiglie e il lavoro degli avvocati restano un monito per tutti: la vita umana non può essere lasciata al caso. E la giustizia, anche se lenta, deve arrivare.

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