Un incontro insolito a Pechino: Putin e Kim faccia a faccia per un’ora e mezza, poi il gesto sorprendente dello staff nordcoreano
È durato circa novanta minuti il faccia a faccia tra Vladimir Putin e Kim Jong-un a Pechino, in occasione della Parata della Vittoria organizzata dal presidente cinese Xi Jinping. Un incontro atteso, che ha attirato l’attenzione non solo per i temi affrontati ma anche per ciò che è avvenuto subito dopo, lasciando molti osservatori tra lo stupito e l’incredulo.
Un contesto carico di significati politici
La presenza contemporanea di Putin e Kim in Cina non era un fatto casuale. Entrambi i leader erano stati invitati da Xi Jinping per prendere parte a una celebrazione altamente simbolica: la Parata della Vittoria, occasione in cui Pechino ribadisce la propria memoria storica e il ruolo centrale nella geopolitica mondiale. Per Putin e Kim, l’evento ha rappresentato un’opportunità per rafforzare la loro immagine internazionale e consolidare rapporti bilaterali già in crescita negli ultimi anni.
La guerra in Ucraina, le sanzioni internazionali e l’isolamento diplomatico di Russia e Corea del Nord hanno reso l’incontro un banco di prova importante. Secondo quanto riportato dai media russi, Putin ha espresso la propria gratitudine a Kim per il sostegno politico e, in parte, logistico offerto da Pyongyang nella difficile partita ucraina. Dall’altra parte, Kim ha potuto sottolineare la vicinanza strategica con Mosca, utile per bilanciare la pressione crescente degli Stati Uniti e dei loro alleati in Asia.
Un dialogo lungo e riservato
Il colloquio tra i due leader è durato circa un’ora e mezza, un tempo significativo che lascia intendere una discussione densa e articolata. Sebbene i contenuti precisi non siano stati divulgati, fonti diplomatiche parlano di questioni che spaziano dalla cooperazione militare allo scambio commerciale, fino a possibili collaborazioni tecnologiche e infrastrutturali.
Per Kim Jong-un, la possibilità di un confronto diretto con Putin in un contesto internazionale e sotto i riflettori di Pechino rappresenta anche un riconoscimento implicito del suo peso politico, nonostante le difficoltà economiche interne e le critiche della comunità internazionale.
Il gesto surreale dopo l’incontro
Ma a fare notizia, più ancora delle dichiarazioni ufficiali, è stato ciò che è accaduto subito dopo il faccia a faccia. Appena i due leader hanno lasciato la sala, lo staff nordcoreano è entrato in azione con un comportamento che ha sorpreso i presenti: la sedia su cui si era seduto Kim è stata immediatamente pulita e disinfettata con estrema cura, in particolare i braccioli, toccati dal leader durante la conversazione.
Un gesto apparentemente banale, ma in realtà rivelatore della profonda ossessione della leadership nordcoreana per la sicurezza e per il controllo assoluto sull’immagine e sull’incolumità del proprio capo. La motivazione dietro l’azione sarebbe legata al timore che tracce biologiche o residui di Dna potessero essere raccolti da potenziali avversari, offrendo informazioni sensibili sulla salute del leader.
Questo atteggiamento non è nuovo: lo stesso era stato osservato in passato in contesti internazionali, e persino lo staff russo aveva adottato precauzioni simili. È rimasto famoso, ad esempio, l’episodio in Alaska quando, dopo un bilaterale tra Putin e Donald Trump, i collaboratori del Cremlino avevano provveduto a disinfettare l’ambiente in modo accurato.
Simbolismo e percezione internazionale
Il gesto dello staff nordcoreano ha immediatamente fatto il giro del mondo, sollevando interrogativi e curiosità. Alcuni analisti lo hanno letto come un segno di paranoia, altri come un rituale ormai consolidato della macchina di sicurezza nordcoreana. In entrambi i casi, ha contribuito a rafforzare l’immagine di un regime che vive in una condizione di sospetto permanente e che considera la protezione del leader una priorità assoluta, persino oltre la logica comune.
Sul piano simbolico, la scena ha trasmesso una forte impressione di isolamento: mentre a livello ufficiale si parlava di cooperazione e alleanze, dietro le quinte emergeva la rappresentazione plastica di un potere chiuso, ossessionato dal controllo, che non concede margini di vulnerabilità.
Reazioni e riflessi diplomatici
Le immagini dello staff di Kim intento a pulire la sedia hanno suscitato reazioni contrastanti. In Occidente, la maggior parte dei commentatori ha interpretato l’episodio come una conferma dell’estrema diffidenza del regime di Pyongyang verso il mondo esterno. Al contrario, nei media russi l’accento è stato posto sull’importanza politica dell’incontro, relegando il gesto a una curiosità di colore.
In Cina, Paese ospitante, si è mantenuta una certa cautela, evitando qualsiasi commento ufficiale. Per Pechino l’essenziale era ribadire il ruolo di Xi Jinping come mediatore e anfitrione di due leader internazionali altrimenti poco graditi sulle scene diplomatiche globali.
Una scena che resterà impressa
L’incontro di Pechino tra Putin e Kim Jong-un non verrà ricordato solo per il contenuto politico, ma anche per quell’immagine singolare dello staff nordcoreano intento a cancellare ogni traccia fisica del passaggio del proprio leader. Un dettaglio che, paradossalmente, dice molto più di tanti comunicati ufficiali.
Dietro i sorrisi e le strette di mano, resta l’idea di due poteri che vivono in costante tensione, diffidenti verso l’esterno e pronti a difendere la propria immagine con metodi che agli occhi del mondo appaiono surreali. È la fotografia di un’alleanza complicata, nata più dalla necessità che dalla fiducia reciproca, e che continuerà a far discutere nei mesi a venire.