Ponte sullo Stretto di Messina: tra promesse, dubbi e polemiche sul progetto da 13,5 miliardi

Il progetto per la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina è tornato con forza al centro del dibattito politico e sociale, complice l’annuncio dell’avvio dei lavori previsto per il mese di settembre. Un’opera che, almeno sulla carta, promette di rivoluzionare i collegamenti tra Sicilia e Calabria, ma che continua a dividere l’opinione pubblica e a sollevare critiche da parte di tecnici, ambientalisti e cittadini. I nodi principali riguardano la sostenibilità economica dell’infrastruttura, la sua effettiva utilità e l’ipotesi di un pedaggio che, secondo alcune stime, potrebbe risultare tra i più alti al mondo.

Il piano presentato dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini appare strutturato e dettagliato, ma diversi aspetti tecnici e finanziari restano controversi, tanto da far emergere dubbi sulla reale fattibilità e convenienza del progetto. La decisione del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess) di approvarne il progetto definitivo è arrivata dopo un confronto lampo tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e lo stesso Salvini, seguito da un esame accelerato di un dossier tecnico frutto di oltre quattordici anni di studi.

L’opera ha così ottenuto il via libera, in attesa della validazione ufficiale da parte della Corte dei Conti. Tuttavia, la rapidità dell’iter ha provocato una pioggia di critiche. Le associazioni ambientaliste, le centinaia di famiglie a rischio esproprio e gran parte delle amministrazioni locali coinvolte — con la sola eccezione della città di Messina — hanno espresso forti perplessità. Si teme che la fretta possa compromettere un’analisi approfondita degli impatti economici, ambientali e sociali.

Il ponte, che nelle intenzioni dovrebbe essere completato tra il 2032 e il 2033, avrà una campata unica di 3.300 metri, il che lo renderebbe il più lungo al mondo nel suo genere. Sarà dotato di sei corsie stradali — tre per senso di marcia, inclusa una di emergenza — e due binari ferroviari. L’obiettivo è ridurre drasticamente i tempi di attraversamento dello Stretto: da oltre un’ora a circa dieci minuti per le auto e da due ore a circa un quarto d’ora per i treni. Un cambiamento epocale per la mobilità dell’area, almeno secondo i promotori.

L’investimento complessivo previsto si aggira intorno ai 13,5 miliardi di euro, interamente a carico del bilancio statale. Prima dell’avvio concreto dei cantieri, però, sarà necessario il parere della Corte dei Conti, che dovrà certificare la legittimità finanziaria e amministrativa del progetto. Sul tavolo restano anche numerosi problemi tecnici, ambientali e legali.

Dal punto di vista ingegneristico, il comitato scientifico incaricato dal Ministero delle Infrastrutture ha segnalato quattro criticità principali. Le più rilevanti riguardano la resistenza della struttura al vento e agli eventi sismici. In particolare, il progetto necessita di aggiornamenti alle analisi aerodinamiche e alla zonizzazione microsismica, considerata la presenza di una faglia attiva a meno di venti metri da uno dei piloni principali. Dubbi sono stati sollevati anche sulla qualità e sulla provenienza dei materiali, soprattutto dell’acciaio destinato ai cavi portanti, con la richiesta di verifiche approfondite per garantire sicurezza e affidabilità.

Sul fronte ambientale, organizzazioni come WWF, Legambiente, LIPU e Italia Nostra hanno denunciato gravi lacune nella valutazione d’impatto ambientale. Le loro contestazioni riguardano gli effetti sulla biodiversità unica dello Stretto di Messina, l’assenza di misure compensative adeguate e il rischio che la suddivisione del progetto in lotti esecutivi possa ridurre l’efficacia del monitoraggio ambientale. La Commissione europea, in base alla Direttiva Habitat, sta esaminando attentamente la documentazione italiana per valutare la conformità dell’opera agli obblighi di tutela previsti dalle normative comunitarie.

Un’altra questione aperta riguarda la navigabilità: secondo alcuni esperti, tra l’11% e il 17% delle attuali navi portacontainer non sarebbe in grado di passare sotto il ponte, con possibili ripercussioni sull’attività dei porti commerciali della zona, in particolare quello di Gioia Tauro, strategico per il traffico marittimo internazionale.

Sul piano economico, le previsioni parlano di un pedaggio per le automobili compreso tra i 9 e i 10 euro, con possibili agevolazioni per i pendolari. Tuttavia, il Codacons ha definito la cifra un record mondiale in termini di costo chilometrico: 2,73 euro al chilometro, ossia circa il 3.500% in più della media autostradale nazionale, che si attesta su 0,075 €/km. È vero che i traghetti attuali superano spesso i 40 euro a tratta, ma il confronto diretto sul costo per chilometro resta svantaggioso per il ponte.

Il percorso verso la realizzazione dell’opera è quindi ancora costellato di ostacoli. Dopo il parere della Corte dei Conti, si passerà alle fasi preliminari: espropri, bonifiche, indagini archeologiche e progettazione esecutiva. Solo allora si potrà capire se il sogno del Ponte sullo Stretto diventerà realtà o resterà, come già accaduto in passato, un’eterna promessa mai compiuta.

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