Il governo israeliano si appresta oggi a prendere una decisione cruciale che potrebbe cambiare drasticamente il corso del conflitto nella Striscia di Gaza. Sul tavolo, infatti, c’è il controverso piano promosso dal primo ministro Benjamin Netanyahu per un’occupazione totale dell’enclave palestinese. Una proposta che, già prima della sua eventuale approvazione, sta spaccando non solo il gabinetto di sicurezza, ma anche l’esercito e l’opinione pubblica israeliana. Il tutto in un contesto reso ancora più delicato dalla grave crisi umanitaria in corso e dalla questione irrisolta degli ostaggi israeliani detenuti da Hamas.
Il piano di Netanyahu mira a rafforzare il controllo militare su tutta la Striscia di Gaza, con l’intento dichiarato di smantellare definitivamente le strutture di potere di Hamas. Tuttavia, questa strategia suscita grande preoccupazione, sia all’interno del paese che a livello internazionale. Il segretario di Stato americano Marco Rubio ha espresso apertamente i propri timori, sottolineando come l’attenzione del governo israeliano sembri concentrarsi più sull’azione militare che sulla liberazione dei circa venti ostaggi ancora nelle mani del gruppo islamista.
Rubio, che ha confermato di essere in contatto quasi quotidiano con Netanyahu e con altri membri di spicco del governo israeliano, ha ribadito che la sicurezza di Israele resta una priorità per gli Stati Uniti. Tuttavia, ha invitato a non dimenticare le vite umane che sono in bilico: uomini e donne sequestrati da mesi, sottoposti a condizioni disumane e, come mostrato da alcuni video recentemente diffusi da Hamas, ridotti allo stremo.
Parallelamente, in Israele cresce la mobilitazione della società civile. A Tel Aviv, centinaia di manifestanti – tra cui molti familiari degli ostaggi – si sono riversati in strada per protestare contro la possibile occupazione totale della Striscia. Durante la manifestazione, non sono mancati momenti di forte tensione, con scontri tra dimostranti e forze dell’ordine. L’arresto di Michel Illouz, padre di uno degli ostaggi, ha generato particolare indignazione, diventando simbolo di una frattura sempre più profonda tra parte della popolazione e le decisioni del governo.
Alla marcia hanno partecipato anche ex prigionieri israeliani, che hanno chiesto a gran voce la ripresa immediata dei negoziati per ottenere il rilascio dei rapiti. Secondo loro, un intervento militare su larga scala rischierebbe di compromettere qualsiasi possibilità di accordo con Hamas, mettendo in pericolo la vita degli ostaggi. Le famiglie, visibilmente provate, hanno espresso il timore che un’ulteriore escalation possa avere conseguenze tragiche per i propri cari, già duramente provati dalla prigionia.
Il governo israeliano si riunirà oggi dalle 18 alle 23 per discutere e votare il piano di Netanyahu. Tuttavia, fonti vicine al gabinetto di sicurezza non escludono che il dibattito possa prolungarsi oltre l’orario previsto, dato l’alto livello di tensione e le profonde divisioni interne. Il capo di Stato maggiore dell’esercito, Eyal Zamir, ha già manifestato serie riserve sull’operazione, avvertendo che un’occupazione totale potrebbe comportare gravi perdite tra i soldati israeliani e rappresentare un ulteriore rischio per la vita degli ostaggi.
Anche sul fronte politico non mancano le critiche. Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha parlato di una strategia sconsiderata, priva di un reale sostegno popolare e potenzialmente disastrosa sul piano operativo, morale ed economico. Secondo Lapid, la mancanza di una chiara visione a lungo termine potrebbe spingere Israele in una spirale di violenza senza via d’uscita, compromettendo la sua sicurezza invece di rafforzarla.
All’interno del governo, intanto, si accentuano le tensioni tra le due anime della maggioranza: da un lato chi spinge per una linea dura e intransigente, dall’altro chi propone un approccio più cauto, orientato al negoziato e al coinvolgimento della comunità internazionale. Quest’ultima, dal canto suo, osserva con crescente apprensione gli sviluppi in Medio Oriente. Le principali cancellerie europee, così come le Nazioni Unite, hanno già espresso timori per le possibili conseguenze umanitarie di un intervento armato su larga scala.
In un momento in cui la stabilità dell’intera regione appare sempre più fragile, la decisione del governo israeliano potrebbe segnare una svolta decisiva. Ma il prezzo da pagare, tanto per la popolazione palestinese quanto per le famiglie israeliane degli ostaggi, rischia di essere altissimo.