Era un pomeriggio qualunque, uno di quelli in cui i bambini si rincorrono felici tra altalene e scivoli, le risate riempiono l’aria e i genitori osservano da lontano con sguardi sereni. Ma quella giornata, nel parco Don Agostinelli di Villongo, in provincia di Bergamo, si è trasformata in un incubo che ha segnato profondamente l’intera comunità. Una tragedia inaspettata ha strappato alla vita una bambina di soli sei anni, Ritaj Lahmar, lasciando una ferita aperta nei cuori di tutti.
La piccola Ritaj, una bimba piena di vita e dolcezza, stava giocando su un’altalena inclusiva, pensata per accogliere anche bambini con disabilità. Era salita insieme a un coetaneo, quando una spinta improvvisa, data da altri bambini, le ha fatto perdere l’equilibrio. È caduta, ma l’altalena non si è fermata. Anzi, priva di qualsiasi sistema di sicurezza capace di limitarne il movimento, ha continuato a oscillare violentemente, colpendola alla testa con una pedana in ferro. L’impatto è stato fatale. La tragedia si è consumata davanti agli occhi attoniti di genitori e passanti, incapaci di reagire in tempo.
Quello che rende questa morte ancora più insopportabile è la consapevolezza che poteva essere evitata. Secondo quanto emerso dalle indagini coordinate dalla Pubblica Ministera Letizia Alonso, sarebbe bastato un semplice intervento di manutenzione da 150 euro per prevenire l’accaduto. Una cifra irrisoria, che avrebbe potuto salvare una vita. Si trattava di sostituire una catena danneggiata, già segnalata da tempo, che avrebbe evitato l’eccessiva oscillazione della giostra.
La storia di Ritaj non è solo il racconto di una fatalità, ma anche la fotografia di una serie di negligenze e omissioni. Le prime segnalazioni riguardanti lo stato pericolante dell’altalena risalgono addirittura a marzo 2022. Una mail inviata al Comune segnalava con chiarezza che la struttura presentava danni visibili: crepe, parti rotte e rischi evidenti per i piccoli utenti. Nonostante ciò, nessuno si è mosso. Sono seguiti altri avvisi, sopralluoghi, preventivi. Tra le proposte anche un intervento minimo, quello famoso da 150 euro. Nulla è stato fatto. Tutto è rimasto sospeso, fino al giorno della tragedia.
La Procura ha aperto un’inchiesta e ha iscritto cinque persone nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo. Si tratta del sindaco di Villongo, Francesco Micheli, 34 anni, dell’ex assessore ai Lavori pubblici, Giuseppe Vigani, 65 anni, e di tre funzionari che si sono alternati nella direzione dell’ufficio tecnico comunale tra il 2022 e il 2024: Santina Crevena (61), Alfredo Zappella (59) e il segretario comunale Nunzio Pantò (59).
L’intera comunità di Villongo è scossa. La morte di Ritaj ha sollevato interrogativi profondi sul senso di responsabilità delle istituzioni. Non si tratta solo di stabilire colpe giudiziarie, ma anche di fare i conti con un sistema che, per negligenza, burocrazia o superficialità, ha mancato nel suo dovere più sacro: proteggere i più fragili. In questo caso, una bambina di sei anni che voleva solo giocare in sicurezza.
I genitori di Ritaj, distrutti dal dolore, chiedono giustizia. Ma insieme a loro, anche tanti cittadini pretendono verità e responsabilità. La rabbia cresce nel sapere che sarebbe bastato davvero poco per evitare l’irreparabile. Un intervento semplice, economico, richiesto più volte e mai eseguito.
Il parco Don Agostinelli, oggi, è diventato un luogo del silenzio. L’altalena è stata rimossa, ma il vuoto lasciato da Ritaj è tangibile. Fiori, disegni e messaggi di affetto coprono il punto in cui è avvenuto l’incidente. E intanto, il Comune è chiamato a rispondere. Non solo davanti alla legge, ma davanti alla coscienza collettiva.
Perché quando si parla della vita di un bambino, ogni esitazione può trasformarsi in tragedia. E nessuno, oggi, può più permettersi di voltarsi dall’altra parte.