Violenza domestica a Chiaiano: la testimonianza di Anna Chiara Vitiello, vittima di un’aggressione brutale
Tra le mura di casa, dove ciascuno dovrebbe sentirsi protetto e al sicuro, si è consumato un dramma che lascia senza fiato. È la storia di Anna Chiara Vitiello, una donna di Chiaiano, quartiere periferico di Napoli, che è stata brutalmente aggredita all’interno della sua abitazione. A picchiarla con ferocia è stato il compagno della figlia minorenne, un ragazzo di appena 18 anni, di origine venezuelana, padre del nipotino nato soltanto sette mesi fa.
La sera del 23 luglio si è trasformata in un incubo. Secondo quanto raccontato dalla stessa Vitiello, tutto è iniziato con una lite violenta tra la figlia e il suo compagno. Le urla provenienti da una stanza della casa hanno allarmato la donna, che si è precipitata per cercare di capire cosa stesse succedendo. Ma quello che ha trovato è stata la rabbia cieca del ragazzo, che, invece di placarsi, si è riversata su di lei con inaudita violenza.
Il giovane l’ha aggredita con calci e pugni, colpendola ripetutamente al volto fino a farla cadere a terra. Non contento, l’ha afferrata per il collo tentando di strangolarla, impedendole perfino di respirare. Anna Chiara ha raccontato di aver temuto seriamente per la propria vita e di essere riuscita a salvarsi solo grazie all’intervento disperato della figlia, che si è lanciata sul compagno per fermarlo.
Con un atto di coraggio e lucidità, la donna è riuscita a fuggire dalla casa insieme alle sue due figlie e al nipotino. Si è recata d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo, dove i medici hanno riscontrato un trauma cranio-facciale, numerose ecchimosi sul viso e sul corpo, e abrasioni agli arti. Il giorno successivo, ancora scossa ma determinata, ha sporto denuncia presso la questura, accompagnata dalla figlia maggiore che le ha offerto sostegno in un momento così doloroso.
A rendere ancora più grave la situazione è il fatto che l’aggressore viva a poca distanza dall’abitazione della famiglia Vitiello. Una presenza minacciosa e costante, che alimenta la paura e impedisce alla donna e alle figlie di vivere serenamente. Nonostante sia stato attivato il “codice rosso”, una misura urgente per tutelare le vittime di violenza, Anna Chiara continua a sentirsi in pericolo.
Per questa ragione, ha preso una decisione difficile ma necessaria: lasciare la sua casa, il luogo in cui ha costruito la propria vita e i propri affetti, per trasferirsi in un altro quartiere della città. Ha affittato un nuovo appartamento, più distante, sperando di poter iniziare un percorso di guarigione lontano dall’incubo vissuto. Una scelta dolorosa, resa obbligatoria da un senso di insicurezza che ancora oggi la accompagna.
Nei giorni precedenti all’aggressione, Anna Chiara aveva notato dei lividi e dei segni sospetti sul volto della figlia. Aveva provato più volte a parlarle, a capire cosa stesse succedendo, ma la ragazza continuava a negare tutto, giustificando i lividi con scuse poco convincenti. Le liti con il fidanzato, però, erano sempre più frequenti e accese, segno di una relazione tossica e violenta che ora è esplosa nel modo più drammatico.
La vicenda ha suscitato grande indignazione nell’opinione pubblica e tra i rappresentanti politici locali. Il deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Francesco Emilio Borrelli, ha ricevuto una segnalazione direttamente dal marito della vittima e ha rilanciato l’allarme, sottolineando l’urgenza di intervenire in modo concreto e immediato contro la violenza domestica.
Anna Chiara, nel raccontare la sua storia, ha espresso profondo rammarico per la condizione in cui si trovano molte donne in Italia: spesso sono proprio le vittime a dover abbandonare la propria casa, mentre i loro aggressori restano liberi di continuare a vivere indisturbati. Una realtà che ferisce due volte: fisicamente e moralmente.
La sua speranza è che la sua denuncia non cada nel vuoto, ma possa servire a dare voce a tante donne che ancora oggi vivono nel silenzio, nella paura e nella solitudine. Perché nessuno dovrebbe sentirsi in pericolo nel proprio rifugio. Perché la casa deve essere un luogo d’amore, non di terrore.