Nuovo scontro tra Sigfrido Ranucci e la Rai: la rimozione della firma fa esplodere le tensioni
La frattura tra Sigfrido Ranucci e la Rai si approfondisce. Il noto giornalista e conduttore di Report ha denunciato pubblicamente la rimozione della sua firma dai documenti amministrativi legati al programma, definendo la decisione “un atto grave” che mette in discussione sia l’autonomia editoriale sia il diritto d’autore. La sua accusa, diffusa tramite un lungo post sui social, ha immediatamente innescato una risposta ufficiale dell’azienda di Viale Mazzini, che ha fornito la propria versione dei fatti.
Ranucci, volto storico della trasmissione d’inchiesta di Rai 3, ha spiegato di non avere più la responsabilità di firmare atti relativi a presenze, contratti, trasferte, acquisti e questioni legali o istituzionali. Una decisione che, dopo circa dieci anni, segna un cambio significativo nella gestione interna del programma. “Ci tengo a informarvi direttamente per evitare fraintendimenti”, ha scritto Ranucci. “La Rai ha deciso di togliermi la responsabilità della firma su ogni aspetto amministrativo. Il nuovo responsabile sarà Luigi Pompili, un collega preparato e appassionato che segue Report da sempre”.
Nel suo messaggio, il giornalista ha voluto ringraziare la redazione per la lealtà e la professionalità dimostrate in questi anni, sottolineando come lo spirito di servizio pubblico sia sempre stato il faro del loro lavoro. Un ringraziamento speciale è andato a Paola Bisogni, storica produttrice esecutiva e oggi capo progetto, che ha guidato la struttura con rigore e competenza per oltre trent’anni. “Grazie al suo impegno – ha sottolineato Ranucci – siamo riusciti a superare indenni ben due audit interni in soli undici mesi”.
Dal punto di vista editoriale, Ranucci ha rassicurato i telespettatori sul fatto che la linea della trasmissione non subirà alcuna modifica: “Continueremo a fare il nostro lavoro come solo noi sappiamo fare: con coraggio, indipendenza e competenza”. Tuttavia, le sue parole hanno lasciato intendere un certo malessere per quella che percepisce come una riduzione del suo ruolo gestionale.
La replica della Rai non si è fatta attendere. Con una nota ufficiale, l’azienda ha spiegato che il provvedimento non rappresenta un atto punitivo nei confronti del conduttore, ma una misura legata alla “segregazione delle responsabilità amministrative”, applicata – secondo quanto dichiarato – a tutti i programmi della rete. L’azienda ha inoltre precisato che la modifica riguarda esclusivamente l’ambito amministrativo e non intacca in alcun modo l’autonomia giornalistica di Report, che resta pienamente garantita.
Questo nuovo episodio si inserisce in un contesto già complesso per la trasmissione di inchiesta. Per la prossima stagione, infatti, sono stati annunciati tagli significativi: le puntate in programma passeranno da 28 a 24. Inoltre, la mancata partecipazione di Ranucci alla presentazione dei palinsesti Rai a Napoli aveva già alimentato voci di tensioni interne. A ciò si è aggiunta la polemica sul presunto procedimento disciplinare nei suoi confronti per una recente ospitata su La7, circostanza che ha ulteriormente inasprito i rapporti.
Secondo fonti interne, il nuovo assetto organizzativo voluto dall’azienda si colloca in un più ampio processo di riorganizzazione delle responsabilità amministrative. Tuttavia, per Ranucci questa scelta rappresenta un segnale preoccupante. “Non è solo una questione di firme”, avrebbe confidato a persone vicine. “Si rischia di minare l’indipendenza e la capacità di tutelare la nostra linea editoriale”.
Il nuovo responsabile della struttura, Luigi Pompili, è considerato da molti un professionista affidabile, già da anni vicino alla squadra di Report. La sua nomina, però, non sembra essere bastata a dissipare i dubbi di chi teme un progressivo ridimensionamento del ruolo del conduttore.
Le dinamiche interne al servizio pubblico sono da sempre complesse e soggette a equilibri delicati tra autonomia editoriale, esigenze aziendali e pressioni politiche. L’ultimo scontro tra Ranucci e la Rai sembra quindi andare oltre la semplice questione amministrativa, toccando il cuore stesso della missione del servizio pubblico: informare in modo libero, trasparente e indipendente.
Gli sviluppi futuri diranno se questa frattura potrà essere ricomposta o se il clima di tensione porterà a nuove conseguenze per Report, una delle trasmissioni più seguite e più scomode del panorama televisivo italiano. Per ora, il giornalista ha ribadito la volontà di andare avanti con determinazione, mentre l’azienda ha confermato la propria linea, convinta che la misura adottata sia “una normalizzazione procedurale necessaria per tutelare l’efficienza e la trasparenza interna”.
In un momento di forte trasformazione per la Rai, il caso Ranucci solleva inevitabili interrogativi sul futuro del giornalismo d’inchiesta in Italia e sul rapporto tra chi lo produce e l’azienda che lo ospita.