Europa divisa sulla Palestina: appello congiunto per la pace a Gaza, ma divergenze sul riconoscimento dello Stato palestinese
Nel pieno di un conflitto che continua a devastare la Striscia di Gaza, tre delle principali potenze europee — Gran Bretagna, Francia e Germania — hanno lanciato un accorato appello congiunto per un immediato cessate il fuoco. L’obiettivo è duplice: da un lato fermare la spirale di violenza che sta causando migliaia di vittime civili e una crisi umanitaria senza precedenti, dall’altro favorire l’apertura di un tavolo negoziale per una pace duratura. Tuttavia, nonostante l’unità d’intenti sul fronte umanitario, l’Europa appare spaccata su un punto fondamentale: il riconoscimento dello Stato di Palestina.
L’iniziativa congiunta è stata formalizzata dopo una telefonata d’emergenza tra il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il primo ministro britannico Keir Starmer. I tre leader hanno espresso profonda preoccupazione per il deteriorarsi della situazione a Gaza, esortando tutte le parti coinvolte — in particolare Israele e Hamas — a interrompere immediatamente le ostilità. Al centro del loro appello vi è anche la richiesta del rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi israeliani ancora in mano ad Hamas, un atto ritenuto imprescindibile per qualsiasi avanzamento sul piano diplomatico.
Nella dichiarazione congiunta, Francia, Germania e Regno Unito sottolineano la necessità che Hamas venga disarmato, poiché ritenuto incompatibile con un futuro ruolo politico nella regione. Viene anche chiesto al governo israeliano di sospendere le restrizioni imposte all’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza, affinché le Nazioni Unite e le organizzazioni non governative possano operare liberamente per contrastare la carestia e la diffusione di malattie. Si tratta di un tentativo concreto dell’Europa di giocare un ruolo più attivo nella gestione del conflitto mediorientale, promuovendo una soluzione politica e sostenibile. Tuttavia, proprio su questo terreno si consumano le prime fratture.
Il punto di rottura è il riconoscimento dello Stato di Palestina. Mentre Macron si è espresso pubblicamente a favore di un riconoscimento immediato, sostenendo che ciò darebbe nuova linfa al processo di pace e un segnale forte alla comunità internazionale, la premier italiana Giorgia Meloni ha espresso un netto dissenso. Secondo Meloni, un riconoscimento unilaterale in questa fase potrebbe rivelarsi non solo prematuro, ma addirittura controproducente.
“La nostra posizione è chiara e l’ho ribadita anche al presidente Macron,” ha dichiarato Meloni. “Noi sosteniamo la nascita di uno Stato palestinese, ma questo deve avvenire attraverso un percorso negoziale concreto, che preveda il riconoscimento reciproco e la definizione di confini sicuri per entrambe le parti. Riconoscere lo Stato di Palestina oggi, in assenza di uno Stato effettivo, rischia di creare un’illusione di pace che non corrisponde alla realtà dei fatti.”
Per la premier italiana, infatti, una dichiarazione simbolica non può sostituire un reale processo costituente, che coinvolga anche il riconoscimento di Israele da parte dell’Autorità Palestinese. Un passo prematuro, secondo Meloni, potrebbe rafforzare le frange più radicali e indebolire ulteriormente la possibilità di un accordo negoziato. In linea con la posizione dell’Italia, anche Germania e Regno Unito preferiscono un approccio graduale e più pragmatico. Entrambi i Paesi ritengono che il riconoscimento dello Stato palestinese debba avvenire solo in una fase avanzata del processo di pace, all’interno di una cornice che preveda la coesistenza di due Stati sicuri e indipendenti.
Questo clima di tensione diplomatica dimostra quanto sia difficile per l’Unione Europea trovare una linea comune su questioni geopolitiche complesse come quella israelo-palestinese. Se da una parte l’urgenza umanitaria impone un’azione rapida per fermare la carneficina a Gaza, dall’altra l’approccio strategico e le differenti sensibilità politiche frenano ogni passo simbolico che possa essere interpretato come un sostegno unilaterale.
In conclusione, l’Europa si trova oggi di fronte a un bivio. Da un lato c’è la necessità di rafforzare la propria influenza diplomatica sullo scenario mediorientale, dall’altro la consapevolezza che solo un processo equilibrato e condiviso potrà portare a una pace duratura. Il cessate il fuoco auspicato da Londra, Parigi e Berlino è il primo passo, ma sarà il dialogo — prudente, complesso e multilaterale — a decidere le sorti di un popolo che da troppo tempo vive tra le macerie della guerra.