Il silenzio irreale che ha avvolto Cannobio nelle prime ore del mattino ha segnato l’inizio di una tragedia inaspettata. Don Matteo, giovane e amato sacerdote della comunità, non si è presentato in chiesa come di consueto. All’inizio, nessuno si è allarmato, pensando a un imprevisto passeggero. Ma con il passare delle ore, le telefonate rimaste senza risposta e l’assenza prolungata hanno alimentato una preoccupazione crescente, fino alla tragica scoperta: Don Matteo è stato trovato senza vita nella sua abitazione, accanto all’oratorio. Si è tolto la vita, lasciando un’intera comunità in lacrime, stretta in un dolore sordo e inspiegabile.
Una notizia difficile da accettare, arrivata come un fulmine a ciel sereno. Nessuno avrebbe mai immaginato un epilogo così drammatico. La sera precedente, infatti, Don Matteo era presente a una tombolata organizzata per i giovani e le famiglie: appariva sereno, coinvolto, sorridente. Era come sempre il punto di riferimento per tutti, con quella naturale capacità di far sentire ogni persona accolta, ascoltata, amata. Eppure, dietro quello stesso sorriso, si celava un abisso di dolore che nessuno aveva saputo cogliere.
“Solo Dio conosce i segreti più nascosti dell’animo umano”, ha dichiarato con voce rotta dall’emozione Don Franco Giudice, vicario del clero di Novara. Una frase che riecheggia tra le vie di Cannobio come un’amara constatazione. Anche il sindaco Gian Maria Minazzi ha voluto ricordare il valore umano e spirituale di Don Matteo, sottolineando quanto fosse benvoluto da tutti, soprattutto dai giovani, per i quali rappresentava una guida, un fratello maggiore, una presenza costante e rassicurante.
Don Matteo Balzano aveva solo 35 anni. Originario di Grignasco, in provincia di Novara, si era diplomato come perito aeronautico, ma nel 2010 aveva scelto di seguire la vocazione sacerdotale, iniziando il percorso in seminario. Dopo l’ordinazione, aveva prestato servizio in diverse parrocchie: Borgosesia, Trecate, il Centro vocazioni diocesano e Castelletto Ticino. Aveva anche vissuto un periodo intenso al Santuario di Re, in Valle Vigezzo. Infine, era arrivato a Cannobio, dove aveva trovato non solo una comunità pronta ad accoglierlo, ma anche una nuova missione a cui dedicare tutto se stesso.
Chi lo ha conosciuto lo ricorda per il suo impegno instancabile, per la sua capacità di entrare in sintonia con le persone, per la passione con cui organizzava attività per i ragazzi, le famiglie e gli anziani. Amava profondamente il suo ruolo, eppure qualcosa dentro di lui stava cedendo. Nessun messaggio, nessuna parola lasciata a spiegare quel gesto. Solo un silenzio assordante, come quello che ha accolto la comunità all’alba di quel giorno maledetto.
Il dolore che non si vede è il più difficile da comprendere. E quello di Don Matteo è un grido silenzioso che, forse, non ha mai trovato uno spazio per essere ascoltato. È questa la lezione più amara: la consapevolezza che chi appare forte, luminoso e sorridente può nascondere dentro di sé ferite profonde. E che spesso le persone più generose, quelle che donano amore e conforto senza riserve, sono le stesse che portano il peso più grande, nel silenzio.
A Cannobio oggi resta un vuoto incolmabile. Non solo per la mancanza fisica di Don Matteo, ma per l’interruzione improvvisa di un cammino fatto di dedizione, fede e umanità. Restano le domande, il senso di impotenza, e un dolore collettivo che attraversa tutti: parrocchiani, amici, colleghi e ragazzi che lo consideravano una figura di riferimento.
In mezzo a questo smarrimento, l’unico conforto possibile è quello di non lasciare cadere il messaggio che Don Matteo, pur nella sua fragilità, ci ha lasciato: la necessità di guardare oltre le apparenze, di ascoltare davvero chi ci sta accanto, di tendere la mano anche a chi sembra sorridere sempre. Perché dietro ogni sorriso può nascondersi una battaglia che merita attenzione, rispetto, e soprattutto amore.
Che la sua anima possa ora trovare la pace che, forse, non è riuscita a trovare in vita. E che la sua comunità possa onorarne la memoria trasformando il dolore in un impegno concreto di vicinanza e ascolto.