Quando una vita nasce senza radici e viene interrotta troppo presto, ciò che rimane è solo il dolore e un vuoto difficile da colmare. È il caso di Douglas Dall’Asta, un giovane la cui esistenza è stata segnata da un doppio abbandono: prima lasciato in un orfanotrofio in Brasile, poi adottato da una famiglia italiana che, dopo appena cinque giorni, lo ha nuovamente rifiutato. La sua storia è diventata il simbolo di ciò che può accadere quando l’adozione, invece di essere un atto d’amore, si trasforma in un altro trauma.
Douglas ha vissuto tutta la sua breve vita combattendo per trovare un posto nel mondo. Ma quella battaglia, condotta con ostinazione e dolore, si è tragicamente conclusa a 28 anni, lasciando dietro di sé non solo una storia personale di fragilità, ma anche interrogativi profondi sul nostro sistema di accoglienza e sostegno ai minori adottati.
Un grido che non è rimasto inascoltato
La vicenda di Douglas ha toccato profondamente anche il mondo politico. La deputata del Movimento 5 Stelle, Stefania Ascari, ha seguito da vicino il suo caso e non ha esitato a definirlo “un colpo al cuore”. Per Ascari, la morte di Douglas rappresenta molto di più di una tragedia individuale: è una ferita collettiva, un campanello d’allarme che ci costringe a riflettere sul destino di tanti ragazzi abbandonati, adottati e poi dimenticati.
Ascari ha lanciato un appello per una maggiore attenzione verso le adozioni fallite, un fenomeno spesso sottovalutato ma dalle conseguenze devastanti. Insieme all’associazione MammeMatte, continua a portare avanti una battaglia per garantire che nessun altro bambino venga lasciato indietro come è successo a Douglas.
Anche Luca Trapanese, assessore alle politiche sociali del Comune di Napoli e primo uomo single in Italia ad aver adottato una bambina con sindrome di Down, ha commentato la vicenda con parole forti e sentite. Secondo lui, la storia di Douglas non è un’eccezione, ma il riflesso di un sistema che ancora oggi non tutela adeguatamente i più fragili. Trapanese ha sottolineato l’urgenza di riforme concrete nel mondo dell’adozione, affinché ogni bambino possa avere davvero una seconda possibilità.
La vita difficile di un ragazzo dimenticato
Douglas era arrivato in Italia a nove anni, adottato da una coppia italiana dopo essere stato lasciato in orfanotrofio all’età di tre. Tuttavia, quell’adozione, che avrebbe dovuto offrirgli stabilità e affetto, durò solo cinque giorni. Un tempo ridicolo, sufficiente solo per infliggere una nuova ferita. Da allora, il giovane ha vissuto in diverse comunità, passando per esperienze difficili, tra cui la strada, la droga e infine il carcere.
Nonostante tutto, Douglas non ha mai smesso di cercare giustizia e riscatto. Durante la sua detenzione nel carcere di Modena, grazie al supporto dell’avvocato Gianluca Barbiero, ha avviato un’azione legale contro i genitori adottivi, che sono stati condannati per abbandono. Un gesto di coraggio, che dimostra la forza interiore di un ragazzo che voleva solo essere ascoltato.
La sua voce nel libro “Figlio di nessuno”
La sua storia è stata raccolta nel libro Figlio di nessuno, scritto insieme alla giornalista Valentina Reggiani. Un’opera toccante, che racconta il vissuto di un bambino diventato adulto senza mai smettere di portare il peso del rifiuto. Attraverso quelle pagine, Douglas ha dato voce a tutti quei minori che vivono situazioni simili, nella speranza che la sua testimonianza potesse cambiare qualcosa.
“Vorrei che nessun altro bambino si sentisse come me, un reso. Vorrei solo sapere perché, cosa potevo aver sbagliato a nove anni per essere buttato in mezzo alla strada”, scriveva Douglas con parole che oggi risuonano ancora più forti, ora che la sua voce si è spenta.
Un’eredità che ci interpella tutti
La morte di Douglas è un lutto che va oltre il privato. È la rappresentazione di un fallimento collettivo: quello di una società che non è riuscita a proteggere uno dei suoi figli più vulnerabili. Eppure, la sua storia continua a vivere, come un monito e un richiamo all’azione.
Non possiamo più ignorare il grido silenzioso di chi cresce senza famiglia, senza punti di riferimento, senza amore. Dobbiamo lavorare per costruire un sistema di adozione più umano, più giusto, più responsabile. Solo così la tragica storia di Douglas potrà trasformarsi in un seme di cambiamento, affinché nessun altro “figlio di nessuno” venga dimenticato.