Putin rilancia la retorica dell’unità russo-ucraina mentre l’economia rallenta e il sostegno all’Ucraina in Europa Orientale vacilla
In un momento in cui l’economia russa comincia a dare segnali evidenti di rallentamento, con numerosi analisti internazionali che paventano il rischio concreto di una recessione, il presidente Vladimir Putin sceglie di concentrare la sua narrazione su un tema a lui caro: l’identità condivisa tra russi e ucraini. Durante il suo intervento alla sessione plenaria del Forum economico internazionale di San Pietroburgo, Putin ha riaffermato con forza la visione storica e culturale che lega i due popoli, alimentando nuove tensioni in un contesto internazionale già altamente polarizzato.
Nel frattempo, il sostegno dei Paesi confinanti con l’Ucraina, fino a poco tempo fa tra i più solidi nel fronte occidentale, sembra mostrare segni di erosione. Un’analisi pubblicata dal Kiev Independent evidenzia come in Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Romania e Moldova si stiano manifestando crepe significative nel sostegno politico e pubblico a Kiev.
In Polonia, ad esempio, l’elezione del nuovo presidente Nawrocki, ritenuto meno incline a supportare l’Ucraina rispetto al suo predecessore, ha provocato un riassetto degli equilibri interni, pur mantenendo ancora saldo l’appoggio istituzionale alla causa ucraina. In Slovacchia e Repubblica Ceca, i governi recentemente eletti o quelli prossimi alle urne sembrano favorire forze politiche più vicine alla Russia o comunque critiche nei confronti dell’assistenza a Kiev. Anche Romania e Moldova, pur mantenendo una linea ufficialmente pro-occidentale, stanno registrando una crescita di movimenti politici filorussi e di posizioni più neutraliste che potrebbero, nel medio periodo, compromettere l’orientamento euroatlantico.
A pesare su questo cambio di rotta sono la stanchezza per le ripercussioni economiche del conflitto, l’aumento del populismo e la pressione esercitata da problemi interni. Si delinea così uno scenario in cui, pur mantenendo una facciata di solidarietà verso Kiev, le dinamiche interne dei Paesi dell’Europa orientale stanno modificando l’equilibrio geopolitico della regione.
Nel suo discorso a San Pietroburgo, Putin ha affrontato con tono difensivo le crescenti preoccupazioni sull’economia russa. Ha ammesso che persino all’interno del suo governo, compreso il ministro dello Sviluppo economico, ci sono timori per una possibile stagnazione o recessione. Tuttavia, ha categoricamente respinto l’idea che tale scenario sia accettabile, definendolo “inammissibile in qualunque circostanza”.
Per supportare la propria tesi, ha citato i dati relativi al 2024, sostenendo che la Russia abbia registrato il quarto tasso di crescita del PIL a livello globale e il primo in Europa. Questi risultati, secondo lui, dimostrerebbero la solidità dell’economia nazionale. Tuttavia, ha accuratamente evitato di entrare nel merito delle performance economiche dei primi mesi del 2025, che mostrerebbero segnali decisamente più deboli.
Per spostare l’attenzione dai problemi economici interni, Putin ha promosso con entusiasmo il rafforzamento dell’asse con i Paesi Brics, dipingendo la Russia come un attore sempre più integrato nei mercati emergenti. Ha affermato che il blocco Brics rappresenta ormai il 40% del PIL mondiale, e ha pronosticato una crescita ulteriore grazie al contributo dei Paesi del cosiddetto Sud Globale.
Ma è sul fronte della guerra in Ucraina che le parole di Putin hanno destato maggiore preoccupazione. Ribadendo la sua visione ideologica secondo cui russi e ucraini sarebbero “un unico popolo”, ha affermato senza mezzi termini: “Tutta l’Ucraina è nostra”. Una dichiarazione che, secondo l’agenzia di stampa russa Tass, rappresenta una reiterazione della retorica annessionista del Cremlino.
Durante lo stesso intervento, Putin ha ipotizzato anche un possibile avanzamento delle forze russe verso Sumy, città situata nel nord-est dell’Ucraina. Il leader del Cremlino ha giustificato tali prospettive militari con la necessità di creare una “zona cuscinetto” al confine, sostenendo che l’Ucraina rappresenti una minaccia continua per la sicurezza russa.
In un passaggio ancora più allarmante, il presidente russo ha avvertito che l’uso da parte di Kiev di una cosiddetta “bomba sporca” sul territorio russo costituirebbe un errore catastrofico. Ha etichettato tale ipotesi come un atto estremo attribuibile a quelli che ha nuovamente definito “neonazisti ucraini”.
Putin ha infine riaffermato la narrativa secondo cui il conflitto in corso sarebbe stato provocato dall’Occidente, accusando la NATO di aver tradito gli accordi con Mosca ampliando la propria presenza militare verso Est. Pur dichiarandosi formalmente non ostile all’indipendenza ucraina, ha sottolineato che l’Ucraina, al momento della sua creazione come Stato, era stata concepita come Paese neutrale.