Un tragico fatto di cronaca ha sconvolto profondamente la cittadina di Racale, in provincia di Lecce. Un giovane di soli 21 anni, Filippo Manni, ha ucciso la madre, Teresa Sommario, di 52 anni, colpendola con un’accetta all’interno dell’abitazione in cui vivevano insieme. Il gesto, improvviso e incomprensibile, ha lasciato sgomenta l’intera comunità salentina. Dopo l’omicidio, il ragazzo ha confessato spontaneamente quanto accaduto, aprendo uno scenario drammatico su una vicenda familiare fino a quel momento apparentemente tranquilla.
L’omicidio si è consumato nella casa in cui madre e figlio convivevano da qualche anno, dopo la separazione tra Teresa e il marito. Secondo le prime ricostruzioni, il giovane avrebbe reagito in modo spropositato ad un semplice rimprovero della madre, che lo aveva redarguito per essere rientrato a casa senza nemmeno salutarla. A quel punto, Filippo sarebbe salito al piano superiore, avrebbe preso un’accetta e avrebbe colpito ripetutamente la madre, fino a ucciderla.
Il corpo di Teresa Sommario è stato ritrovato in una pozza di sangue, in una scena definita raccapricciante dagli inquirenti. La donna, conosciuta in paese come persona riservata e disponibile, lavorava occasionalmente come collaboratrice domestica e godeva di una buona reputazione tra i vicini.
Il sindaco di Racale, Antonio Salsetti, ha rilasciato un commento carico di sgomento: “È una tragedia che non ha alcuna spiegazione. È qualcosa che nasce dal nulla. Conoscevo bene la famiglia, in particolare il padre di Filippo, e posso dire che non c’erano segnali preoccupanti. Oggi la comunità è sotto shock. Davvero, non ci sono parole”.
Nel frattempo, la Procura ha disposto l’autopsia sul corpo della vittima per venerdì 20 giugno. Sarà il medico legale Alberto Tortorella a eseguire l’esame, utile a chiarire l’esatta dinamica del delitto, il numero dei colpi inferti e le cause precise del decesso. L’intera abitazione è stata posta sotto sequestro dai carabinieri, che stanno effettuando ulteriori accertamenti tecnici.
Chi è Filippo Manni
Filippo Manni, 21 anni, era uno studente universitario iscritto alla facoltà di Economia all’Università di Roma. Era tornato da poco in Salento per trascorrere le vacanze estive, come faceva abitualmente. In attesa di riprendere gli studi, lavorava come bagnino presso uno stabilimento balneare della zona. Chi lo conosceva lo descriveva come un ragazzo educato, appassionato di musica – in particolare di chitarra – ed ex scout. Negli ultimi tempi aveva manifestato l’intenzione di abbandonare l’università per dedicarsi completamente alla musica, con l’idea di iscriversi al conservatorio.
La sua figura, ora sotto i riflettori per un gesto tanto estremo, non aveva mai dato adito a preoccupazioni evidenti. Tuttavia, durante l’interrogatorio condotto dalla PM Simona Rizzo, Filippo ha ricostruito l’accaduto con una freddezza che ha lasciato sorpresi anche gli investigatori. Il giovane avrebbe dichiarato di aver agito in seguito ad un blackout mentale: “Mi si è spento tutto”, avrebbe detto, ammettendo di essere salito a prendere l’ascia prima di colpire la madre.
La confessione e l’arresto
Una delle frasi più inquietanti emerse durante l’interrogatorio è stata questa: “Altre volte, per scherzo, l’ho pensato dicendoglielo. Oggi l’ho fatto”. Parole che gelano il sangue e che fanno emergere un malessere profondo, forse mai rilevato dai familiari e dalle persone vicine al ragazzo.
Dopo aver commesso l’omicidio, Filippo Manni si è allontanato a piedi, senza una meta precisa. È stato rintracciato poco dopo dai carabinieri mentre camminava in stato confusionale e senza maglietta in direzione di Torre Suda, una località balneare della costa ionica. Al momento dell’arresto non ha opposto resistenza.
Attualmente il giovane si trova detenuto nel carcere di Lecce, in una cella sottoposta a sorveglianza speciale, sia per motivi di sicurezza che per tutelarne l’incolumità psicologica. Nelle prossime ore dovrà comparire davanti al giudice per le indagini preliminari, che valuterà la convalida del fermo e l’eventuale misura cautelare.
Questa tragedia lascia dietro di sé non solo una famiglia distrutta, ma anche un’intera comunità sotto shock, che si interroga su come sia possibile che un figlio possa trasformarsi improvvisamente in assassino. Un episodio che apre interrogativi dolorosi sul disagio giovanile, sul silenzio delle fragilità e sul bisogno di ascolto che, troppo spesso, resta inascoltato.