La tensione in Medio Oriente ha raggiunto livelli mai visti negli ultimi anni, con una pericolosa escalation tra Israele e Iran che rischia di trascinare l’intera regione in una nuova fase di instabilità. L’ultimo sviluppo preoccupante arriva direttamente dal premier israeliano Benyamin Netanyahu, che in un’intervista alla rete americana ABC ha lanciato un avvertimento senza precedenti, lasciando intendere la possibilità di un’azione militare diretta contro la guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei. Una dichiarazione che ha immediatamente scatenato reazioni internazionali e accresciuto l’allarme per una possibile guerra su larga scala.
Secondo quanto riportato dalla televisione di Stato iraniana, in risposta all’attacco israeliano contro la sede dell’emittente nazionale, Teheran ha ordinato l’evacuazione immediata dei corrispondenti dei canali israeliani N12 e N14. Le autorità iraniane hanno definito l’azione israeliana come un atto ostile da parte del “nemico sionista” e hanno accusato lo Stato ebraico di aver colpito deliberatamente infrastrutture civili, aprendo un nuovo fronte mediatico oltre che militare.
Nella stessa notte, l’esercito israeliano ha reso noto di aver intercettato e distrutto ben 20 missili terra-terra iraniani, proprio pochi istanti prima del loro lancio verso il territorio israeliano. L’operazione è avvenuta nell’ambito di una vasta campagna militare che ha coinvolto circa 100 obiettivi nella regione di Isfahan, considerata strategica per l’apparato militare iraniano. Secondo quanto riferito da fonti militari, dall’inizio dell’offensiva contro l’Iran sono state disattivate oltre 120 rampe di lancio missili, equivalenti a circa un terzo dell’arsenale iraniano di questo tipo.
Le conseguenze di questa escalation sono state immediate. In diverse zone di Teheran si sono udite forti esplosioni e si è assistito a un’intensa attività della contraerea, come riportato anche da media internazionali tra cui Sky News. In Israele, le sirene d’allarme hanno risuonato improvvisamente a Tel Aviv e in molte altre località del paese, annunciando l’arrivo di missili provenienti dall’Iran. Numerose esplosioni sono state segnalate nel centro del Paese, con la popolazione costretta a rifugiarsi nei bunker.
Attraverso un comunicato ufficiale diffuso su Telegram, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno confermato che l’Aeronautica militare ha colpito diversi siti in Iran occidentale. In particolare, gli attacchi hanno interessato aree strategiche legate al lancio e allo stoccaggio di missili terra-terra, oltre a sistemi di difesa aerea e depositi di droni. Questi attacchi rappresentano una delle operazioni aeree più vaste condotte da Israele contro l’Iran negli ultimi anni.
Nel frattempo, le dichiarazioni di Netanyahu alla ABC continuano a far discutere. Alla domanda sul presunto veto dell’ex presidente americano Donald Trump riguardo a un’eventuale eliminazione di Khamenei, il premier israeliano ha risposto in modo netto, affermando che tale azione non aggraverebbe la crisi, ma anzi contribuirebbe a porre fine al conflitto. Queste parole, dal peso politico e simbolico enorme, sono state interpretate da molti come un’apertura a un possibile assassinio mirato, uno scenario che avrebbe ripercussioni devastanti sul piano geopolitico.
La comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione questa spirale di violenza. L’Unione Europea ha chiesto a entrambe le parti di mostrare moderazione e di tornare al tavolo del dialogo, mentre il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si prepara a un vertice straordinario per discutere dell’inasprirsi del conflitto. La situazione è resa ancora più fragile dalla presenza di gruppi armati alleati dell’Iran, come Hezbollah in Libano e le milizie sciite in Iraq e Siria, che potrebbero essere coinvolti in un eventuale allargamento del conflitto.
In questo clima di tensione estrema, le parole e le azioni delle due potenze regionali assumono un peso ancora maggiore. Mentre Netanyahu rilancia la minaccia verso Khamenei, Teheran promette ritorsioni “devastanti e sproporzionate”. Le prossime ore saranno cruciali per capire se il Medio Oriente si avvierà verso un conflitto diretto e su larga scala, o se prevarrà la diplomazia, anche se attualmente appare un’ipotesi remota.