Trump abbandona il G7 in anticipo per la crisi in Medio Oriente: focus su Iran e Israele
Una stretta di mano cordiale, una cena diplomatica in compagnia dei leader mondiali, poi un colpo di scena inaspettato: Donald Trump ha lasciato il vertice del G7 con largo anticipo, rientrando d’urgenza a Washington. Il summit, in corso a Kananaskis, in Canada, aveva come tema centrale la cooperazione internazionale e la stabilità globale. Tuttavia, le tensioni sempre più accese tra Iran e Israele hanno spinto il presidente americano a interrompere la sua partecipazione per occuparsi personalmente della situazione.
«Devo tornare, lo vedete anche voi cosa sta accadendo. È fondamentale che io sia a Washington il prima possibile», ha dichiarato Trump al termine della cena con gli altri capi di Stato e di governo. Così, con tono deciso, ha lasciato il G7 con 24 ore d’anticipo rispetto al calendario previsto, facendo immediatamente rotta verso la Casa Bianca.
Una volta rientrato nella capitale, il presidente ha convocato un consiglio di sicurezza straordinario nella situation room. Le prime azioni intraprese sono state l’attivazione di contatti diretti con emissari iraniani e la richiesta di una valutazione rapida sullo stato delle trattative con Teheran. L’obiettivo dichiarato è quello di evitare un’escalation militare e verificare se ci siano ancora spazi concreti per una soluzione diplomatica.
Secondo fonti interne citate dalla CNN, Trump ha affidato al suo team il compito di avviare immediatamente colloqui con funzionari iraniani, ribadendo la necessità di chiarire se Teheran intenda davvero evitare il conflitto aperto con Israele. In un post pubblicato sulla sua piattaforma Truth, il presidente è stato ancora più diretto: «L’Iran avrebbe dovuto firmare l’accordo che io stesso avevo proposto. È uno scempio, uno spreco di vite umane. L’ho detto e lo ripeto: l’Iran non può avere un’arma nucleare. Tutti devono evacuare Teheran immediatamente».
La crisi in Medio Oriente ha inevitabilmente messo in secondo piano altri appuntamenti previsti durante il G7, compreso l’incontro bilaterale con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che avrebbe dovuto confrontarsi con Trump, la premier italiana Giorgia Meloni e il nuovo segretario della NATO, Mark Rutte. La sua assenza ha lasciato perplessi diversi osservatori internazionali, sottolineando la crescente tensione tra le priorità globali e gli impegni strategici degli Stati Uniti.
Durante il vertice, Trump ha avuto un incontro informale anche con la presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Il colloquio si è svolto in un contesto rilassato, su una panchina nei pressi del Pomeroy Kananaskis Mountain Lodge. In questa occasione, Meloni ha ribadito l’importanza di rilanciare i negoziati commerciali tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, ponendo attenzione anche sul prossimo summit NATO previsto all’Aja.
Oltre alla questione economica, i due leader hanno discusso dei recenti sviluppi nella regione mediorientale. Meloni avrebbe insistito sulla necessità di promuovere una tregua immediata nella Striscia di Gaza e rilanciare il dialogo diplomatico per evitare ulteriori escalation. L’obiettivo condiviso è evitare un deterioramento irreversibile della situazione tra Iran e Israele.
Non è mancata, infine, una riflessione sul fronte europeo. Nel corso di una conversazione con il cancelliere tedesco Friedrich Merz, Trump ha affrontato il tema delle sanzioni contro la Russia. Da quanto trapelato, il presidente americano avrebbe espresso dubbi sull’efficacia di tali misure, evidenziando i costi elevati che comportano per le economie occidentali. Ha inoltre sottolineato come, a fronte di richieste insistenti da parte dell’Europa per ulteriori sanzioni, non siano ancora seguiti atti concreti. Una posizione che sembra riflettere una visione pragmatica, incentrata sull’impatto reale delle decisioni politiche più che sulle dichiarazioni di principio.
In sintesi, il ritiro anticipato di Donald Trump dal G7 ha rappresentato un chiaro segnale sulla sua volontà di assumere un ruolo diretto nella gestione della crisi tra Iran e Israele. Un gesto che, se da un lato rafforza il profilo di leadership americana sulla scena internazionale, dall’altro solleva interrogativi sulla tenuta dell’agenda multilaterale e sull’equilibrio tra priorità globali e interessi strategici nazionali.