Trapianto al Bambino Gesù finisce in tragedia: chiesta condanna per la morte della 17enne Lisa Federico

Una tragedia che ha scosso profondamente l’opinione pubblica e ha riacceso il dibattito sulla responsabilità medica in ambito ospedaliero. Elisabetta “Lisa” Federico, una ragazza di appena 17 anni, è morta nel 2020 dopo un trapianto di midollo osseo all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Il caso ha dato avvio a un processo giudiziario delicato e doloroso, con l’accusa di omicidio colposo a carico di due medici coinvolti nel trattamento.

Lisa, originaria dell’Ucraina, era stata adottata nel 2009 da una coppia italiana: Maurizio Federico, biologo di professione, e Margherita Eichberg. La vicenda ha avuto inizio in modo apparentemente banale. A seguito di una caduta da un monopattino, Lisa aveva riportato dei lividi. Proprio questi segni sulla pelle hanno spinto i genitori adottivi a portarla in ospedale per accertamenti. È lì che le è stata diagnosticata una forma di leucemia, dando il via a un lungo e difficile percorso di cure.

Dopo mesi di terapie e speranze, i medici dell’ospedale hanno optato per un trapianto di midollo osseo come unica soluzione possibile per salvarle la vita. Tuttavia, secondo quanto emerso nel corso delle indagini, dopo l’intervento la ragazza ha contratto un’infezione batterica che si è rivelata fatale. Lisa è deceduta il 3 novembre 2020, dopo ben 53 giorni di ricovero, in un contesto clinico che secondo la Procura avrebbe potuto essere gestito in modo diverso.

Le accuse mosse dai magistrati sono gravi. La Procura di Roma contesta ai medici una gestione inadeguata e approssimativa della fase post-operatoria, ritenuta non all’altezza della complessità dell’intervento. Si sottolinea, in particolare, l’alto rischio infettivo a cui la giovane sarebbe stata esposta, vista la lunga degenza in ospedale. Inoltre, una delle scelte più controverse riguarda il donatore selezionato per il trapianto: un soggetto non consanguineo, con una compatibilità ritenuta bassa.

Secondo l’accusa, questa decisione avrebbe ridotto drasticamente le possibilità di riuscita del trapianto. La Procura evidenzia come i medici non abbiano nemmeno valutato la possibilità di utilizzare il fratello della ragazza come potenziale donatore, una scelta che, secondo gli esperti, avrebbe potuto fare la differenza. Questo elemento costituisce uno dei principali capi d’imputazione nel procedimento, poiché viene ritenuto un atto di negligenza medica.

I due medici coinvolti nel caso sono Pietro Merli e Maria Rita Pinto. Per il primo, il pubblico ministero ha richiesto una condanna pari a due anni di reclusione; per la seconda, una pena di un anno e sei mesi. Entrambi i professionisti, difesi rispettivamente dagli avvocati Gaetano Scalise e Felicia D’Amico, hanno respinto le accuse, sostenendo di aver agito sempre nell’interesse della paziente e secondo le migliori pratiche cliniche disponibili in quel momento. La sentenza del processo è attesa per il prossimo 14 luglio, una data molto attesa da tutte le parti coinvolte.

Nel frattempo, il padre adottivo di Lisa, Maurizio Federico, si è costituito parte civile, accompagnato dall’avvocato Francesco Bianchi. La sua battaglia legale non è soltanto per ottenere giustizia per la figlia, ma anche per sollevare una questione più ampia: quella dell’attenzione e della responsabilità nei confronti dei pazienti più fragili, soprattutto quando si tratta di bambini o adolescenti che affrontano percorsi terapeutici ad alto rischio.

La vicenda di Lisa ha messo in luce le falle di un sistema sanitario che, sebbene all’avanguardia, può incorrere in errori drammatici con conseguenze irreversibili. I genitori, gli amici e chiunque abbia seguito la sua storia, oggi chiedono risposte, chiarezza e soprattutto verità.

Il processo in corso rappresenta un momento cruciale non solo per la famiglia Federico, ma anche per il mondo medico e giuridico italiano. Un caso che richiama tutti – professionisti sanitari, istituzioni e cittadini – alla responsabilità e all’etica nell’ambito della cura, specialmente quando in gioco c’è la vita di una giovane come Lisa.

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