Israele arma una milizia palestinese contro Hamas: la strategia segreta di Netanyahu che divide Gaza

Netanyahu punta su una milizia palestinese per contrastare Hamas dall’interno: la mossa che divide Israele e Gaza

Negli ultimi giorni sono emersi dettagli inediti su una strategia israeliana finora tenuta sotto silenzio, ma che potrebbe avere conseguenze significative per l’equilibrio di potere nella Striscia di Gaza. Si tratta della creazione di una milizia palestinese armata, concepita per operare dall’interno di Gaza con l’obiettivo dichiarato di indebolire Hamas. Il piano, secondo quanto rivelato da fonti vicine all’intelligence israeliana, sarebbe stato sviluppato circa sei mesi fa dallo Shin Bet – i servizi di sicurezza interni – e approvato personalmente dal primo ministro Benjamin Netanyahu.

L’idea alla base di questa iniziativa è tanto audace quanto controversa: utilizzare palestinesi locali, spesso ostili a Hamas, per creare una forza paramilitare in grado di contrastare dall’interno il movimento islamista, contribuendo nel contempo al controllo della popolazione civile e alla distribuzione degli aiuti umanitari.

La nascita della milizia: chi è e come opera

Questa nuova formazione, che si fa chiamare “servizio antiterrorismo” o “forze popolari”, sarebbe composta da circa cento uomini, reclutati principalmente nella zona di Rafah, al confine con l’Egitto. A capo della milizia vi sarebbe Yasser Abu Shabab, un trentaduenne con radici profonde nel sud della Striscia, noto per i suoi trascorsi di ostilità verso Hamas. Fonti locali affermano che in passato sia stato arrestato proprio da Hamas, ma successivamente fuggito grazie al caos seguito a un bombardamento israeliano.

La milizia ha attirato adesioni tra i clan locali favorevoli a Fatah, rivale storico di Hamas, offrendo un salario mensile di circa 650 dollari – una cifra significativa in un contesto piegato da mesi di guerra, distruzione e scarsità di risorse. Secondo fonti israeliane, uno degli scopi della milizia sarebbe anche quello di facilitare il trasferimento della popolazione verso il sud della Striscia, un obiettivo che si inserisce nel piano di riorganizzazione umanitaria promosso da Israele e sostenuto dalla Gaza Humanitarian Foundation.

L’ombra del Mossad e il ruolo di Netanyahu

Il piano, secondo quanto riportato da media israeliani, è stato elaborato sotto la supervisione del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, e approvato in via diretta da Netanyahu. Un dettaglio importante è che tale decisione non sarebbe passata attraverso il gabinetto di sicurezza, probabilmente per evitare attriti con l’ala ultranazionalista del governo, notoriamente ostile a qualsiasi forma di collaborazione con palestinesi, anche se anti-Hamas.

La risposta della milizia e le accuse di collaborazione con Israele

La milizia nega categoricamente ogni legame diretto con Israele. Sulla propria pagina Facebook ufficiale, il gruppo ha dichiarato di non ricevere armi dallo Stato ebraico e di non collaborare con l’“occupazione sionista”. Si definisce piuttosto come una forza nata dal popolo e per il popolo, con la missione di proteggere i civili palestinesi “dal terrorismo di Hamas” e dagli abusi legati alla gestione degli aiuti umanitari.

Il leader del gruppo ha affermato che la milizia agisce sotto l’autorità dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), organismo con sede in Cisgiordania e rivale di Hamas. Tuttavia, va detto che l’ANP stessa soffre di una crescente impopolarità tra i palestinesi di Gaza, spesso considerata corrotta e inefficace.

Hamas reagisce con attacchi diretti

Non è mancata la risposta da parte di Hamas, che ha recentemente lanciato diversi attacchi contro i membri della milizia a Rafah. Tali episodi confermano un’escalation di tensioni interne a Gaza e rivelano quanto il clima tra le varie fazioni palestinesi sia ormai esplosivo. Il rischio concreto è che si arrivi a una nuova forma di guerra civile interna, con fazioni armate contrapposte che si affrontano in mezzo a una popolazione già martoriata da anni di assedio e conflitto.

Israele conferma: “Sosteniamo chi combatte Hamas”

A confermare ufficialmente il sostegno israeliano a gruppi armati anti-Hamas è stato il generale Effie Defrin, portavoce dell’esercito israeliano. Durante una conferenza stampa, ha ammesso che Israele favorisce il rifornimento di armi ad alcune milizie nella Striscia, dichiarando che si tratta di una “strategia funzionale agli obiettivi militari” e finalizzata alla protezione dei soldati israeliani impegnati nei combattimenti.

Netanyahu ha difeso pubblicamente la strategia, affermando che “mobilitare clan anti-Hamas è una misura legittima per salvare vite israeliane e contrastare il nemico dall’interno”.

Resta da capire quanto questa operazione possa realmente contribuire alla sicurezza nella regione o se, al contrario, finirà per alimentare ulteriormente il caos e la sfiducia tra le parti in campo.

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