Alberto Stasi, la Procura contro la semilibertà: il carcere risponde, nessuna violazione rilevata

La situazione giudiziaria di Alberto Stasi continua a far discutere e a suscitare polemiche, soprattutto dopo la recente presa di posizione della Procura Generale di Milano. L’ente si sarebbe nuovamente espresso in modo contrario rispetto al regime di semilibertà di cui Stasi attualmente gode, permettendogli di uscire dal carcere per lavorare come contabile presso un’azienda situata nel capoluogo lombardo. Questa possibilità gli era stata concessa nel 2023, e dallo scorso 11 aprile ha potuto iniziare a usufruirne concretamente, come riportato anche da TgCom24.

Alberto Stasi, condannato in via definitiva a sedici anni di reclusione per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, avvenuto nel 2007 a Garlasco, si trova detenuto presso il carcere di Bollate, istituto noto per i suoi programmi di reinserimento sociale. Tuttavia, la concessione del lavoro esterno e della semilibertà continua a sollevare critiche da parte della magistratura, che ritiene non vi siano ancora le condizioni per tale beneficio.

Secondo la Procura Generale, la semilibertà concessa a Stasi non sarebbe in linea con quanto previsto per i detenuti condannati per reati di tale gravità. In particolare, l’attenzione si è concentrata su un episodio recente: un’intervista rilasciata da Stasi al programma televisivo “Le Iene”, mandata in onda senza alcun preavviso né autorizzazione specifica.

L’intervista, registrata il 22 marzo scorso, è diventata il fulcro delle obiezioni mosse dalla Procura. Secondo quest’ultima, infatti, la partecipazione al programma televisivo rappresenterebbe un comportamento incompatibile con il percorso rieducativo che dovrebbe accompagnare un detenuto in regime di semilibertà. In sostanza, l’accusa è quella di aver violato lo spirito della misura concessa, dando l’impressione di sfruttare la visibilità mediatica piuttosto che concentrarsi sul reinserimento sociale in modo discreto e responsabile.

Tuttavia, la difesa di Stasi non condivide affatto questa posizione. Il suo avvocato ha dichiarato pubblicamente di non essere affatto preoccupato, sottolineando che la questione era già stata valutata in precedenza e che non vi sono stati elementi nuovi tali da giustificare una revoca del beneficio. A rafforzare questa linea anche le parole del direttore del carcere di Bollate, che ha precisato come l’intervista sia avvenuta durante un permesso premio regolarmente concesso e che, dopo opportune verifiche, non siano state riscontrate violazioni delle prescrizioni previste dal regime di semilibertà.

Sempre secondo la difesa, l’iniziativa della Procura Generale apparirebbe più come un accanimento giudiziario che come una reale valutazione di merito sulla condotta attuale del detenuto. Del resto, Stasi ha sempre professato la propria innocenza e, durante l’intervista contestata, ha ribadito il proprio dolore per quanto accaduto a Chiara Poggi, mostrando una certa empatia che, secondo i suoi legali, non dovrebbe essere interpretata come una mancanza di rispetto o una strumentalizzazione del caso.

In questo scenario complesso, si torna a riflettere sul delicato equilibrio tra giustizia, diritto alla rieducazione e diritto all’informazione. Il caso di Alberto Stasi rappresenta ancora oggi una ferita aperta nella memoria collettiva italiana, e ogni sviluppo, anche di natura amministrativa, viene seguito con attenzione sia dai media che dall’opinione pubblica.

La prossima mossa della Procura Generale potrebbe consistere in un ulteriore ricorso o richiesta formale per la revoca della semilibertà, ma non è escluso che il tribunale respinga nuovamente l’istanza, come avvenuto nell’udienza dello scorso aprile.

Nel frattempo, Stasi continua a lavorare esternamente e a partecipare alle attività previste dal suo programma rieducativo. La direzione del carcere di Bollate, nota per adottare criteri di valutazione molto rigorosi, non ha al momento modificato il trattamento riservato al detenuto, segno che – almeno dal punto di vista dell’amministrazione penitenziaria – la condotta di Stasi risulta conforme alle aspettative.

Resta dunque da capire se le obiezioni sollevate dalla Procura rappresentino un ostacolo effettivo al percorso intrapreso da Stasi o se verranno nuovamente rigettate per insufficienza di fondamento. Di certo, ogni sviluppo verrà scrutato al microscopio, perché questo caso, a distanza di anni, continua a dividere l’opinione pubblica italiana tra chi chiede giustizia piena e chi invoca il diritto alla rieducazione anche per chi è stato condannato per reati tanto gravi.

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