Roma è tornata al centro dell’attenzione nazionale in una giornata segnata da tensioni crescenti e scontri tra cittadini e forze dell’ordine. Lunedì 26 maggio 2025, migliaia di persone sono scese in piazza per manifestare contro il Decreto Sicurezza, un provvedimento legislativo del governo che, secondo molti, limita le libertà civili e rafforza il controllo statale a discapito dei diritti individuali. La capitale si è così trasformata in un vero e proprio campo di battaglia simbolico, dove la protesta popolare ha incontrato la resistenza delle istituzioni.
La manifestazione, organizzata dalla rete nazionale “No Ddl Sicurezza”, è iniziata nel primo pomeriggio da Piazza Barberini. Lo scopo del corteo era quello di raggiungere Montecitorio, nel cuore del potere legislativo italiano, proprio mentre la Camera dei Deputati discuteva l’approvazione definitiva del decreto. L’atmosfera fin da subito è apparsa tesa, con un’imponente presenza di forze dell’ordine già distribuite lungo il tragitto previsto.
Le motivazioni dei manifestanti erano molteplici e riflettevano un malcontento diffuso nei confronti del governo. Tra gli slogan più scanditi si potevano udire frasi come “La democrazia non si piega”, “Stop Accordi” e “Free Palestine”, a dimostrazione di una protesta trasversale, in cui le rivendicazioni locali si intrecciavano con quelle internazionali. Non si trattava soltanto di un dissenso verso una legge specifica, ma dell’espressione di un disagio più ampio che coinvolgeva studenti, lavoratori, attivisti e semplici cittadini.
Tuttavia, il clima di protesta pacifica è durato poco. Giunti all’inizio di via del Tritone, i manifestanti si sono trovati davanti a un fitto cordone della polizia che impediva loro di proseguire verso il Parlamento. In quel momento si sono verificate le prime frizioni. Alcuni gruppi, con volto coperto e muniti di caschi, hanno iniziato a spingere contro gli agenti e a lanciare oggetti. Le forze dell’ordine hanno risposto con cariche e l’uso di manganelli per disperdere la folla. Numerosi video circolati sui social mostrano scene concitate: giovani strattonati, persone a terra, e grida di protesta sovrastate dal suono delle sirene.
Questo episodio ha immediatamente riacceso il dibattito pubblico sul rapporto tra sicurezza e democrazia. Molti esponenti dell’opposizione hanno duramente criticato non solo il contenuto del decreto, ma anche il modo in cui è stato portato avanti l’iter parlamentare. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha posto la questione di fiducia sul decreto, suscitando le ire delle forze politiche contrarie, che hanno denunciato l’imposizione di una “doppia tagliola”: la prima ha interrotto l’esame degli emendamenti e la seconda ha impedito le dichiarazioni di voto. Una procedura definita da molti come “autoritaria” e senza precedenti nella storia della Repubblica, poiché il testo è passato alla Camera nella sua forma originaria, senza alcuna modifica.
Non sono mancate le reazioni dal mondo accademico, sindacale e associativo, che vedono nel DL Sicurezza un pericoloso precedente. Tra i punti più controversi ci sono l’inasprimento delle pene per chi partecipa a manifestazioni non autorizzate, l’aumento dei poteri di intervento delle forze dell’ordine, e la possibilità per i prefetti di limitare la libertà di assembramento. Elementi che, secondo i critici, minacciano il diritto di manifestare e ledono i principi fondamentali della Costituzione italiana.
Dall’altra parte, il governo difende il decreto come necessario per garantire ordine pubblico e sicurezza, soprattutto in un contesto internazionale segnato da tensioni geopolitiche e crescenti flussi migratori. “Non possiamo permettere che l’illegalità si travesta da libertà”, ha dichiarato Piantedosi in un’intervista, sottolineando come le recenti manifestazioni siano state strumentalizzate da frange estremiste.
Intanto, la città di Roma continua a fare i conti con le conseguenze di una giornata difficile. Numerosi cassonetti rovesciati, vetrine danneggiate e mezzi pubblici deviati sono solo alcuni dei segni lasciati dalla protesta. In serata, alcune sigle sindacali hanno annunciato nuove mobilitazioni nei prossimi giorni, chiedendo l’apertura di un tavolo di dialogo tra istituzioni e cittadini.
In definitiva, quanto accaduto nella capitale dimostra ancora una volta quanto sia fragile l’equilibrio tra sicurezza e libertà. Il DL Sicurezza, lungi dall’essere un semplice provvedimento tecnico, è diventato il simbolo di una frattura profonda nel Paese. E il confronto, nelle piazze come in Parlamento, è tutt’altro che concluso.