Nel cuore martoriato della Striscia di Gaza, dove le esplosioni e le macerie scandiscono la quotidianità, emerge la figura luminosa di Yaqeen Hammad, una bambina di soli 11 anni che, nonostante la giovanissima età, aveva già lasciato un’impronta profonda. Il suo volto sorridente, spesso ripreso nei video pubblicati sui social, rappresentava un raro raggio di speranza in un contesto dominato da distruzione e sofferenza. La sua tragica scomparsa, avvenuta in seguito a un raid aereo israeliano nel quartiere di al-Baraka a Deir el-Balah, ha lasciato un vuoto incolmabile nella sua comunità e nel cuore di chi l’aveva conosciuta, anche solo virtualmente.
Yaqeen non era una semplice bambina. Era diventata, nel tempo, un piccolo simbolo di resistenza e di luce in un luogo dove l’infanzia viene spezzata troppo presto. Attraverso i suoi video, mostrava il lato umano e quotidiano della vita a Gaza: momenti di gioco tra le macerie, ricette semplici preparate in famiglia, sguardi pieni di affetto scambiati tra fratelli e amici. Con un linguaggio diretto e spontaneo, riusciva a raccontare la guerra da una prospettiva inedita: quella di chi la vive ogni giorno, ma non si arrende.
Secondo l’UNICEF, solo a partire dal 18 marzo 2025, oltre 950 bambini sono stati uccisi nella Striscia di Gaza. Ma le stime dell’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite dedicata ai rifugiati palestinesi, sono ancora più allarmanti: più di 16.000 minori avrebbero perso la vita dall’inizio delle ostilità. E se si considera il numero dei bambini ancora dispersi sotto le macerie o mai identificati ufficialmente, si stima che la cifra reale possa superare i 20.000.
In questo quadro straziante, la storia di Yaqeen colpisce per la sua carica simbolica. La bambina, infatti, accompagnava spesso il fratello maggiore Mohamed Hammad, operatore umanitario del collettivo Ouena, durante le missioni di distribuzione di beni essenziali: pacchi di cibo, vestiti, giocattoli per i bambini rimasti senza nulla. Lei documentava tutto con il suo cellulare, non per vanità, ma con la volontà di far conoscere al mondo una Gaza diversa, più umana e più viva.
I suoi video, pubblicati soprattutto su Instagram, avevano raggiunto decine di migliaia di visualizzazioni. In essi, Yaqeen appariva sempre sorridente, anche quando dietro di lei si intravedevano edifici sventrati o tende di fortuna. Offriva consigli su come affrontare la paura dei bombardamenti, raccontava storie di amicizia e solidarietà, e non mancava mai di lanciare messaggi di speranza, anche nei momenti più difficili.
La notte tra il 23 e il 24 maggio 2025, però, quel sorriso si è spento per sempre. Il raid aereo israeliano che ha colpito Deir el-Balah ha ucciso Yaqeen insieme ad altri civili. La notizia si è diffusa rapidamente attraverso i social, accompagnata da immagini strazianti e dal messaggio del fratello Mohamed: “La mia campionessa, la mia sorellina, la mia anima, è stata uccisa”. Parole che raccontano il dolore di una famiglia, ma anche di un’intera comunità che si riconosceva nella forza e nell’innocenza di quella piccola grande voce.
La morte di Yaqeen è diventata così emblematica di una generazione che cresce tra le bombe, ma che non smette di sognare. Una generazione che cerca di vivere nonostante tutto, che si aggrappa a ogni briciola di normalità, che prova a costruire futuro anche dove il presente è fatto di macerie.
Oggi, ricordare Yaqeen Hammad non è solo un atto di memoria. È un dovere morale verso tutti i bambini di Gaza e del mondo, vittime silenziose di conflitti che non hanno scelto. È un invito a guardare oltre le statistiche e a vedere i volti, le storie, le vite spezzate che si celano dietro ogni numero.
Il suo nome, ormai, si è aggiunto tristemente a una lunga lista. Ma il suo sorriso, quello no, non può essere cancellato. Rimarrà per sempre nella memoria collettiva come simbolo di speranza, di coraggio e di resilienza.