Addio a Nino Benvenuti, leggenda del pugilato italiano: un’icona che ha scritto la storia dello sport
Nino Benvenuti, uno dei più grandi sportivi italiani di tutti i tempi, ci ha lasciati all’età di 87 anni. La sua scomparsa segna la fine di un’epoca irripetibile per lo sport italiano e mondiale. La notizia della sua morte, confermata oggi da fonti vicine al mondo sportivo e diffusa dall’Ansa, ha toccato profondamente tutti gli appassionati di boxe e non solo. Con lui se ne va un campione dal cuore nobile e dal pugno potente, ma soprattutto un uomo capace di ispirare intere generazioni.
Nato a Isola d’Istria il 26 aprile 1938, Giovanni “Nino” Benvenuti proveniva da una famiglia di esuli istriani. Cresciuto a Trieste, in una terra di confine carica di significati storici e culturali, Benvenuti è riuscito a trasformare la propria passione per la boxe in una straordinaria carriera internazionale.
Il primo grande trionfo arriva nel 1960, in occasione delle Olimpiadi di Roma. Proprio lì, nella Capitale, Nino conquista l’oro nella categoria dei pesi welter battendo in finale il sovietico Jurij Radonjak. La sua performance fu talmente impressionante da meritargli anche la prestigiosa Coppa Val Barker, assegnata al miglior pugile tecnico dell’intero torneo. Superò perfino un giovane Cassius Clay, destinato a diventare il leggendario Muhammad Ali.
Il 17 aprile 1967 rappresenta un’altra data storica per lo sport italiano. Al Madison Square Garden di New York, Benvenuti sconfigge Emile Griffith, uno dei più forti pugili americani dell’epoca, conquistando il titolo mondiale dei pesi medi. Fu un evento seguito da milioni di italiani, che ascoltarono la radiocronaca appassionata di Paolo Valenti. Questo match segnò l’inizio di una trilogia leggendaria tra i due pugili, che rafforzò la statura internazionale di Benvenuti.
Durante la sua incredibile carriera da professionista, Benvenuti ha ottenuto risultati che nessun altro pugile italiano è riuscito a eguagliare. È stato:
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Campione del mondo dei pesi superwelter (1965–1966)
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Campione europeo dei pesi medi (1965–1967)
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Campione del mondo dei pesi medi (1967–1970)
È l’unico pugile italiano ad aver vinto il titolo mondiale in due diverse categorie di peso: superwelter e medi. Un’impresa che ne testimonia il talento, la disciplina e la dedizione assoluta.
Il suo stile elegante e la sua intelligenza tattica lo resero un pugile unico: calcolatore, veloce, tecnico. Non era solo forza fisica, ma strategia pura. Le sue doti gli permisero di restare competitivo anche dopo i 30 anni, un fatto raro per l’epoca. Nel 1968 venne nominato “Fighter of the Year”, l’unico italiano ad aver mai ricevuto tale onore. Due dei suoi incontri, quello del 1967 con Griffith e quello del 1970 contro Monzón, furono eletti “Fight of the Year”.
La sua rivalità con Carlos Monzón fu altrettanto storica. Nino perse il titolo mondiale nel 1970 proprio contro l’argentino, in un incontro che segnò l’inizio della fine della sua carriera. Ma tra i due nacque una profonda amicizia, così come con Emile Griffith, che divenne persino padrino di cresima di uno dei figli di Nino.
Un altro capitolo indelebile nella sua storia fu la rivalità con Sandro Mazzinghi. I due pugili, diversi per stile e carattere, divisero l’Italia negli anni ’60. Benvenuti, elegante e raffinato; Mazzinghi, più diretto e amato dal popolo. Si affrontarono due volte nel 1965 per il titolo superwelter, con Benvenuti vincitore in entrambi i casi. Dopo anni di tensioni, si riconciliarono nel 2015, celebrando insieme il 50° anniversario di quei match storici.
Nel 1999 Benvenuti fu inserito nella International Boxing Hall of Fame, un riconoscimento riservato ai veri miti del ring. Condivide questo onore solo con un altro italiano, Duilio Loi. Fa parte anche della National Italian American Sports Hall of Fame, accanto a leggende come Rocky Marciano e Joe DiMaggio.
Le sue quattro difese mondiali consecutive nei pesi medi lo collocano subito dietro giganti come Marvin Hagler e Carlos Monzón. Un’eredità sportiva che pochi in Europa possono vantare.
Ma Benvenuti è stato molto più di un campione. È stato un simbolo di riscatto, un ambasciatore dello sport italiano, un esempio di eleganza, tenacia e orgoglio nazionale. La sua morte rappresenta una grande perdita per l’Italia intera, ma il suo nome vivrà per sempre nella memoria collettiva di chi ama lo sport con la S maiuscola.