Salvini annuncia l’astensione dal referendum dell’8 e 9 giugno: “Preferisco stare con i miei figli”
L’8 e il 9 giugno 2025 si svolgerà in Italia un importante referendum abrogativo su cinque quesiti che riguardano tematiche delicate legate al lavoro e alla cittadinanza. Tuttavia, una parte dell’attenzione pubblica e politica si è recentemente spostata non tanto sui contenuti del referendum, quanto sulle dichiarazioni del vicepremier Matteo Salvini, che ha annunciato pubblicamente la sua intenzione di non recarsi alle urne. La scelta ha sollevato una forte ondata di critiche, aprendo un acceso dibattito sulla responsabilità istituzionale e sul ruolo dell’astensione in una democrazia.
L’annuncio di Salvini e la polemica
Durante l’inaugurazione del nuovo Terminal 3, Matteo Salvini ha dichiarato apertamente:
“Io non andrò a votare; gli italiani sono maturi ed ognuno è libero di andare a votare sì o no. Vedo poco i miei figli, e quindi conto l’8 e 9 giugno di stare tanto tempo con loro, o anche semplicemente a casa”.
Parole che, sebbene pronunciate con apparente semplicità, hanno generato immediatamente reazioni contrastanti all’interno del mondo politico e sui social media. Molti esponenti politici e cittadini comuni hanno espresso perplessità sul messaggio lanciato da un membro del Governo, accusandolo di sottovalutare il valore democratico del voto.
Il referendum come “arma politica”
Ma Salvini non si è limitato a motivare la sua assenza con questioni personali e familiari. Il leader della Lega ha espresso un giudizio netto sullo strumento referendario stesso, affermando:
“I referendum sono un’arma politica. Come in passato qualcuno invitò a non votare dei referendum – penso a quelli sulla giustizia, che io e la Lega ritenevamo importanti – oggi non condivido i contenuti di questi quesiti. Men che meno il regalo della cittadinanza anticipata, visto che l’Italia è il Paese europeo che concede più cittadinanze ogni anno”.
Una posizione che mostra chiaramente la distanza politica di Salvini rispetto agli argomenti trattati dal referendum, in particolare su quello riguardante la concessione semplificata della cittadinanza.
Astensione come scelta democratica?
Secondo Salvini, la sua decisione non rappresenta una mancanza di rispetto verso la democrazia, ma una forma legittima di espressione:
“In democrazia è lecito anche scegliere di non votare”, ha sottolineato.
In effetti, l’astensione è formalmente una possibilità prevista, ma in molti si chiedono se un rappresentante delle istituzioni possa permettersi di promuoverla apertamente senza compromettere il proprio ruolo pubblico.
Le reazioni del mondo politico
Le dichiarazioni del vicepremier non sono passate inosservate. Numerosi esponenti dell’opposizione hanno accusato Salvini di mandare un segnale pericoloso, proprio in un momento in cui la partecipazione politica è in calo e la fiducia dei cittadini nelle istituzioni è fragile. Secondo alcuni analisti, l’atteggiamento di Salvini rischia di rafforzare l’idea che la politica sia distante dai problemi reali dei cittadini e che il voto sia un atto secondario, se non addirittura inutile.
Cittadinanza anticipata e polemiche ideologiche
Uno dei temi che più divide l’opinione pubblica riguarda il quesito referendario sulla cittadinanza. Per Salvini, concedere la cittadinanza in maniera anticipata equivarrebbe a fare un “regalo” non necessario, vista la già elevata concessione di cittadinanze in Italia rispetto ad altri Paesi europei. Questa posizione riflette una visione più rigida e conservatrice del concetto di appartenenza nazionale, in contrasto con chi sostiene una maggiore inclusività per chi nasce o cresce in Italia pur avendo origini straniere.
Un gesto simbolico o una strategia politica?
Alcuni commentatori ipotizzano che la dichiarazione di Salvini sia tutt’altro che casuale. Rinunciare al voto, in questo caso, potrebbe rappresentare un messaggio simbolico rivolto al proprio elettorato più fedele, rafforzando l’immagine di un leader vicino alla famiglia, critico verso l’“establishment” e coerente con le proprie idee politiche. Tuttavia, c’è anche chi vede in questa scelta una manovra rischiosa, che potrebbe ritorcersi contro in termini di consenso.
Conclusione: un Paese diviso tra diritto e dovere
Il caso Salvini riapre una riflessione profonda sul rapporto tra cittadini e istituzioni, tra il diritto di scegliere e il dovere di partecipare. L’Italia si avvicina all’appuntamento dell’8 e 9 giugno con un clima politico già teso, e l’astensione di un membro del Governo rischia di accentuare ulteriormente le fratture. Spetterà agli italiani decidere se partecipare o meno al referendum, ma il dibattito è ormai apertissimo.